Nicola Porro illustra al Giornale il suo libro in edicola col quotidiano
Il vero liberalismo per l’Italia e ancora un tabù. Lo racconta bene Nicola Porro con un aneddoto. «La disuguaglianza fa bene (che da oggi si può acquistare assieme al Giornale) era stato pubblicato da pochi giorni, un mio follower lo acquisto alla Feltrinelli della Stazione Centrale di Milano e la commessa lo apostrofa: “Solo uno stronzo di destra poteva scrivere una cazzata simile”».
Per l’autore è stata un’ispirazione. «Sia il titolo che il fatto di essere vicedirettore di un giornale controcorrente come il Giornale potevano essere un combinato disposto letale per il libro che comunque e stato un buon successo: l’ho promosso attraverso i social network e ha funzionato perché e stato per mesi tra i più venduti di Amazon».
Vicedirettore, un po’ se l’è andata a cercare, per il titolo e anche perché il libro mette in discussione il patrono d’Italia, San Francesco…
«Cerco di raccontare i grandi personaggi della letteratura liberale, che per lungo tempo non è stata nemmeno tradotta in italiano. Il caso di San Francesco è che se non ci fosse stato suo padre, ricco mercante borghese, lui sarebbe stato uno dei tanti poveri di Assisi, non si sarebbe potuto spogliare delle proprie ricchezze, non avrebbe ricevuto un’educazione, insomma non sarebbe stato santo.
Lo stesso vale per l’atteggiamento ipocrita di alcuni pensatori contemporanei cattolici che non si rendono conto che senza mercato e senza capitalismo loro non avrebbero potuto battersi per l’accoglienza dei migranti che vengono, sì, da luoghi dove c’è guerra, ma soprattutto da Paesi dove non c’è capitalismo e non c’è mercato».
Parliamo di Hayek, un pensatore che per la maggioranza degli italiani è sconosciuto e che i veri liberali venerano.
«È stato un grandissimo pensatore liberale austriaco che ha sempre combattuto contro il socialismo e che all’epoca non si vergognava, assieme a Mises e a Friedman, di considerarsi antisocialista. Non ci insegnano solo filosofia, ci insegnano che dobbiamo prendere posizione. Scrivo che bisogna superare il tabù legato al definirsi “di destra”. Oggi tutti si definiscono liberali, ma o sono liberali all’acqua di rose oppure sono “liberali con il trattino”: liberal-socialisti, liberal-radicali, liberal-comunisti, eccetera. Ecco, io sono un liberale alla Hayek».
Vi sono anche dei modelli italiani di liberalismo.
«Sono Sergio Ricossa, Dario Antiseri e Antonio Martino. Ricossa rappresenta la figura del grande borghese, capostipite di tutti i liberali italiani. Antiseri per la filosofia e Martino per l’economia sono le altre due grandi icone del pensiero liberale italiano alla cui scuola mi sono formato».
Eppure la risposta alle élite conservatrici di sinistra che viene dalle urne nel mondo non è liberale, ma patriottica, populista, nazionalista.
«La tentazione di buttare a mare l’establishment è talmente forte che l’elettore vota qualsiasi cosa denunci il disgusto creato dal pensiero dominante. È un fenomeno molto simile a quello del nostro Montanelli che invita a turarsi il naso e votare Dc. Oggi ci si tura il naso e si vota Trump pur di non avere Hillary Clinton. Ci si tura il naso e si vota Brexit pur di non subire il conformismo inglese proeuropeo.
Non ne sono compiaciuto perché le loro ricette economiche sono intrise di nazionalismo. Se negli anni ’80 questo risentimento si espresse tramite Reagan e Thatcher, oggi ha trovato altre strade. La colpa è anche del conformismo mondiale che accusa il neoliberalismo di essere il male assoluto. È una castroneria. Hanno infangato il liberismo attribuendogli responsabilità che non ha. Di qui la ritrosia degli elettori. Invece ci vuole un contagio liberale per far capire che questa è la vera soluzione».
Gian Maria De Francesco, Il Giornale 5 maggio 2017