“11 euro in tasca”: storia di un fallimento e di come rialzarsi

Raggiungere un grande successo professionale, cadere nel baratro e poi rinascere a cinquant’anni è possibile

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Se a cinquant’anni ti trovi a dover racimolare le monetine che sono rimaste nelle giacche e 11 euro è quel che ti deve bastare per far partire la vecchia auto e bere un caffè, è probabile che tu sia un fallito. Oppure no. Chi può dirci che siamo dei falliti? Il mondo? Gli altri? E noi che cosa ci diciamo? A fare la differenza non sono solo gli accadimenti, gli eventi che a volte sembrano pensati da un folle regista, ma come reagiamo, come li affrontiamo, quanto riusciamo a concentrarci su di noi e su quel che possiamo davvero essere e fare.

Raggiungere un grande successo professionale, cadere nel baratro e poi rinascere a cinquant’anni è possibile, solo se l’errore diventa utile, se ci fa davvero acquisire una nuova coscienza e quindi un diverso agire. “Non è vero che nella vita passa solo un treno, la vita è come una stazione, con diversi binari, scambi ferroviari e sale d’attesa, sta a ciascuno scegliere se restare fermo sulla banchina oppure salire su un treno o un altro. Il rischio di perdere una coincidenza o lasciarsi scappare quello giusto c’è. Fa parte del gioco”.

Sergio Alberti nasce in una famiglia modesta, ma l’etica dei suoi genitori è nobile; lavoratori indefessi, fanno il possibile, affinché il figlio possa avere un’ottima educazione dai salesiani. “Mio papà era un operaio della Michelin, sceso da Aosta a Torino per trovare un impiego stabile. Integerrimo, non ricordo sia mai stato in malattia, neppure la febbre lo abbatteva. Eppure, non aveva un impiego semplice: i turni si alternavano tra mattina, pomeriggio e notte nelle presse degli pneumatici per i camion, in ambienti dove la temperatura arrivava a 45-50°”. Questa mentalità, mai arrendevole, Sergio la fa sua anche quando si trova a combattere con una balbuzie che lo attanaglia nei momenti di tensione. Studia, gioca a pallone davvero bene. È il 1984 quando sfiora una carriera nella serie A della Juventus e un pesante infortunio lo blocca.

Non ha mai messo da parte lo studio e dunque, dopo aver affrontato l’anno di leva, comincia a telefonare per trovare un lavoro, più telefona e meno balbetta, vuole vincerla quella dannata debolezza. Assunto da Casa Mercato inizia la sua storia lavorativa nel campo immobiliare, una storia di passione, sfide e umiltà. Lì allena il suo linguaggio, è sempre in trincea con le parole e si aiuta con il giusto abbigliamento; risultato dopo risultato, fiero di sé e dell’altissimo livello di transazioni raggiunte, nel 2005, a Cittadella, prende la decisione di rischiare nell’imprenditoria: “L’autostima e la vanità presero il sopravvento e mi dissi che se uno qualunque poteva arricchirsi mettendo in piedi case, cosa avrei potuto fare io con la mia preparazione se avessi costruito e venduto case?”. Ma l’inesperienza in quel settore lo porta a scegliere un socio sbagliato che alla prima occasione si rivela Mr. Hyde; appena un compratore si tira indietro, pretende infatti un immediato risarcimento.

Da qui, Sergio, in una reazione a catena, comincia a inanellare un errore dopo l’altro: “Innanzitutto, svendetti la Porsche e la preziosa collezione di orologi. Questi ultimi avrei dovuto tenerli, perché mi sarebbero serviti come cassa in caso di bisogno, ma diedi via un lotto che valeva poco meno di 100.000 € per poco più di 15.000. Vendetti tutto l’oro che avevo, persino quello dei miei genitori. Non me lo perdonerò mai. Agivo di impulso, di fretta e senza lucidità per far fronte alla situazione. Feci i salti mortali per liquidare quell’uomo, ma mi indebitati pesantemente con gli istituti di credito. Qui iniziò la vera débâcle perché in contemporanea si generò un problema bancario. Avevo in corso dei finanziamenti che pagavo con regolarità, ma all’improvviso tutte le banche mi chiesero di rientrare nei prestiti. Non capivo che cosa stesse succedendo. Mi trovavo nella situazione peggiore della mia vita, rendere i soldi all’ex socio per togliermelo da torno, rientrare con le banche dei prestiti e pagare i fornitori. Inutile dire che l’insieme delle circostanze portò al mio tracollo finanziario”.

In questa situazione tanti di quelli che prima lo circondavano, prendono le distanze, lo umiliano, lo condannano, sembra quasi che nessuno sia disposto a perdonargli quegli errori di valutazione, nemmeno gli artigiani che aveva aiutato mille volte si esimono dal ferirlo: “Paga i tuoi debiti! Paga i tuoi debiti!” gli grida uno di questi, abbassando il finestrino dell’auto, proprio mentre Sergio cerca di concludere un affare. “In quello stato d’animo devastato arrivai a meditare persino sul suicidio. Non che abbia pensato di ammazzarmi, amo troppo la vita, i miei figli per compiere un gesto tanto drastico, ma ho iniziato a capire chi, provato per troppo tempo da situazioni insopportabili, in un momento di sconforto, compie quel gesto estremo. Ricordo spesso le notti terribili di quel periodo, di notte ci sei solo tu, abbandonato a te stesso”. I pensieri gli massacrano il cervello e l’anima, ma riesce ancora a sentire una voce che gli dice “Non mollare! Non mollare!”.

Per quanto assurdo possa sembrare proprio il contatto con il livello più basso, ma forse più intimo di sé stesso lo porta a rivedere le priorità dell’esistenza, anche se le prove della vita non sono finite. “Mi ritrovai a cinquant’anni senza nulla, vivevo con i miei, dormivo nella cameretta che avevo da ragazzo e mi arrabattavo per guadagnare qualcosa. Vivevo centellinando gli euro, attento a tutto, con l’aiuto dei miei, di amici che capivano la situazione”. Rimasto solo, inizia a interpellare Dio, senza balbettare. “Non mi vergogno a dire che trovai tanta forza nella fede, non sono mai stato un bigotto, una di quelle persone dogmatiche, rigide o che vanno in chiesa tutte le domeniche, però ho sempre avuto dentro di me una forte spiritualità. In quei mesi di disperazione nera e assoluta, nelle ore infinite che trascorrevo da solo, di giorno e di notte, passai dal ragionare tra me a parlare con Dio. Era un modo per ascoltarmi, ma anche per consolarmi nella certezza che in quel momento non ero davvero abbandonato a me stesso. Per quanto sembri assurdo, credere in me andava di pari passo col credere nell’entità superiore che mi dava la forza di vestirmi e uscire ogni mattina. Per quanto non ne avessi bisogno, avevo continue riprove che la mia devozione fosse ben riposta. Ragionavo, borbottavo da solo, pregavo e parlavo con San Giovanni Bosco o con Dio per cercare un’idea che non arrivava, una soluzione che mi concedesse un po’ di tempo, una strada nuova che mi portasse l’introito necessario”.

All’apice del successo come nel baratro del fallimento Sergio si è sempre dimostrato generoso di cuore con gli affetti, la famiglia e gli amici; crede fermamente che ci sia una forza misteriosa, qualcosa di divino che ricompensa i comportamenti virtuosi, che ci arricchisce e ci rende più umani. Questa semina darà i suoi frutti quando il suo primogenito, con la consapevolezza ormai di un adulto, gli dona il suo gruzzoletto, pregandolo di accettarlo per ripartire nell’immobiliare e di farlo lavorare con lui. Per i suoi figli, Emanuele e Margherita, per Antonella, ha la forza di ripartire e l’esperienza vissuta diventa ora un plus che rende unico il suo modo di agire, di lavorare.

A questo nuovo sprone si unisce il destino, un altro treno per una nuova destinazione: Dubai.

Nel 2015 un vecchio amico, che conosce le sue qualità professionali, gli propone di vendere immobili negli Emirati; dopo qualche tentennamento, intuito e curiosità hanno la meglio e si lancia in questo progetto. È il treno giusto. Da qui un’escalation di opportunità ponderate, di idee nuove e personalizzate secondo uno stile tutto suo gli permetteranno di far esplodere i suoi talenti, quelli fioriti tra le lacrime più amare. Raggiunge un grande successo, questa volta solido e vivo, frutto di tenacia e amore, ma soprattutto conseguenza di una visione, di un sogno presente in lui fin da bambino, oggi tangibile e proiettato al futuro. La storia di Sergio Alberti è per tutti quelli che difendono un sogno e che hanno il coraggio di giocarsi senza risparmio con tutto il cuore. “Seguite i vostri sogni con tutta la forza che avete e se cadete, rialzatevi, una, due, tre volte sino a che non toccherete con mano i traguardi che avete sognato da sempre!”

Fiorenza Cirillo, 21 giugno 2023

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