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Smettiamola, l’evasione non è un’emergenza

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Contro il cretino ideologico c’è poco da fare. Se poi la materia riguarda il fisco, la partita è persa in partenza. Un caso di scuola è la limitazione dell’uso dei contanti, che anche questo governo ha intenzione di portare avanti. Prima si sostiene che l’evasione fiscale è un’emergenza nazionale e poi si dice che per combatterla occorre ridurre l’uso della «grana».

Bisognerebbe intanto dire che l’evasione non è affatto un’emergenza. Sì, avete capito bene. È un fantoccio nel quale ficcare gli spilloni delle streghe. Provate a ragionare senza pregiudizi: meglio un Paese con evasione che cresce del 3-4% o una nazione che non si sviluppa ma con i finanzieri in azienda? Ma torniamo ai nostri contanti, tralasciando questioni di principio e di libertà. II cosiddetto nero che si fa per contanti è un nero da poveracci: è la somma di tante piccole transazioni che possono diventare un gruzzolo, ma che, prese singolarmente, sono poco rilevanti.

La lotta al contante, lo capisce anche un bambino piccolo, non riguarda la generazione del nero, dell’evasione, ma la possibilità di spendere ciò che si è occultato. Uno spacciatore continuerà a prendere i contanti qualsiasi limite venga stabilito: già opera in modo illegale. Il professionista, il dipendente con il lavoretto, continuerà a prendere i contanti, posto che già oggi commette un reato non fatturando o sottofatturando. La lotta ai contanti serve per impedire loro di andare al grande magazzino e comprarsi cash il televisore al plasma. Se non fossimo vittime del fiscalmente corretto, dovremmo dire che, grazie ai contanti, il nero genera il bianco proprio attraverso la sua emersione negli acquisti. II malfattore che compra in contanti un bene di consumo durevole, infatti, pagherà Iva e contribuirà all’utile dell’azienda che gli fornisce un bene e un servizio. È un evasore, certo, ma acquistando ha rimesso in circolo un pezzo di fiscalità.

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