2 criteri per capire Draghi

14.5k 32
generica_porro_1-1200

Se Luigi Pirandello avesse visto in azione Mario Draghi in questi giorni gli avrebbe dedicato Uno nessuno e centomila, oppure Cosi è se vi pare, o magari anche Il Fu … Mario Draghi. Straordinario Zelig, Draghi è riuscito in due giorni a essere definito “socialista liberale”, “verde”, “socialista rooseveltiano”, “erede della tradizione riformista italiana“(compreso Berlinguer e magari Togliatti), erede della “altra Europa per Tsipras” su Repubblica; liberale, giolittiano e no, ma pure lamalfiano e magari vagamente churchilliano per Il Corriere della sera. Liberale certo, vagamente berlusconiano per alcuni quotidiani di destra, ma senz’altro “sovranista” per altri.

Draghi Mr Zelig

I giornali, si dirà. Ma ascoltati gli interventi dei senatori e poi dei parlamentari, ognuno ha attaccato su Draghi un pezzo di sé. Socialdemocratico per il Pd, casaleggiano per i 5 stelle, persino di sinistra radicale per Leu e poi, giro di emiciclo, “liberale” (ancora!) per Forza Italia e “altro europeista” per la Lega (nessuno qui si è fortunatamente spinto a definirlo sovranista). Eh sì, che il discorso l’avevano ascoltato, i senatori, e letto, i deputati.

Però li capiamo. Draghi ha continuato ad essere Zelig anche nel discorso, che in effetti, a parte la netta collocazione Uerista, secondo il modello germanico (e Draghi sarà pure amerikano, ma su quello è sempre molto tedesco) tutto il resto è sì ascrivibile al socialismo liberale, al liberalismo, al sovranismo, al popolarismo, persino al grillismo nelle sue componenti ecologiste e futuribili del Casaleggio padre. Così è, se vi pare…

Trasformismo

La realtà è che tutti questi -ismi si sono esauriti, e non da ieri, sono come dei gusci vuoti sbattuti sulla spiaggia per cui chi li ritrova ne fa un uso che vuole. Se si vuole comprendere Draghi a mio avviso sono necessari altri due -ismi: trasformismo e bonapartismo.

A me il discorso di Draghi, più che Cavour, citato forse un po’ a sproposito, come se fosse un riformista allorché era un conservatore, mi ha ricordato uno di qualche anno successivo a quelli dell’Unità d’Italia. L’aveva pronunciato a Stradella, suo feudo elettorale, nel 1876 una delle figure politiche più importanti della storia d’Italia, Agostino Depretis.

Leggiamolo: “io spero che le mie parole potranno facilitare quella concordia, quella faconda trasformazione dei partiti, quella unificazione delle parli liberali della Camera, che varranno a costituire quella tanto invocata e salda maggioranza la quale ai nomi storici tante volte abusati e forse improvvidamente scelti dalla topografia dell’aula parlamentare, sostituisca per proprio segnacolo un’idea comprensiva, popolare, vecchia come il moto, come il moto sempre nuova: il progresso.”

Da li a poco, con una “rivoluzione parlamentare”, cioè diremmo oggi volgarmente un ribaltone, il passaggio di un gruppo di deputati della Destra con la Sinistra, di cui Depretis era il capo, si sarebbe formato il primo governo di Sinistra (storica), a cui sarebbe seguito nel 1882, il primo governo del “trasformismo” teorizzato però già nel 1876 e ora messo in pratica da Depretis: la fine delle divisioni tra Destra e Sinistra, diventate artificiali e artificiose. Il trasformismo, tra alti e bassi e variazioni, fu la formula che permise di governare il paese prima a Depretis, poi a Crispi, quindi a Giolitti: la sua crisi, con la fine della Prima guerra mondiale, portò al fascismo. Con la differenza, rispetto a Draghi non di poco conto, che Depretis era un politico ed era stato eletto, sia pure da una quota molto ridotta della popolazione italiana.

Bonapartismo

L’altra formula per comprendere l’esperimento Draghi è quella del “cesarismo “ o “bonapartismo” nella definizione che ci restituisce Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere. Il bonapartismo moderno, scrive Gramsci, non ha bisogno di un generale o di un militare, né di una personalità particolarmente carismatica. L’importante è che intervenga in un momento in cui il paese per ragion profonde non riesce ad essere governato e che si proponga di governarlo mettendo in equilibrio le forze contrapposte in campo:

“Si può dire che il cesarismo esprime una situazione in cui le forze in lotta si equilibrano in modo catastrofico, cioè si equilibrano in modo che la continuazione della lotta non può concludersi che con la distruzione reciproca. Quando la forza progressiva A lotta con la forza regressiva B, può avvenire non solo che A vinca B o B vinca A, può avvenire anche che non vinca né A né B, ma si svenino reciprocamente e una terza forza C intervenga dall’esterno assoggettando ciò che resta di A e di B”. Draghi è la “terza forza C”.

Per Gramsci c’era stato il caso di un governo “bonapartista” in Italia, circa dieci anni prima:

“Così in Italia nell’ottobre 1922, fino al distacco dei popolari e poi gradatamente fino al 3 gennaio 1925 e ancora fino all’8 novembre 1926 si ebbe un moto politico-storico in cui diverse gradazioni di cesarismo si succedettero fino a una forma più pura e permanente, sebbene anch’essa non immobile e statica”.

Era il governo Mussolini. Lungi da noi avanzare paragoni. Ma come il governo Mussolini, e come quelli De Gasperi, Fanfani, Craxi, Berlusconi, Monti dopo di lui, anche il governo Draghi apre una nuova fase nel nostro paese e ridefinisce il campo politico. Sia per chi sta dentro che per chi, saggiamente e acutamente, ha deciso di starne fuori

Marco Gervasoni, 18 febbraio 2021

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version