Abbiamo “festeggiato” la seconda festa della Repubblica con la legge fondamentale sospesa. La Costituzione più bella del mondo, come qualche sinistro cantore l’ha definita, non costituisce più un argine allo strapotere dello Stato Leviatano, alias dittatura sanitaria per il nostro bene.
Di fatto, da una repubblica fondata sul lavoro – spesso degli altri -, siamo passati ad una Repubblica dei protocolli kafkiani e delle regole inverosimili per raggiungere l’eden della nuova, infernale normalità. Una nuova normalità che impone ancora la mascherina all’aperto e il divieto di assembramento anche nelle zone bianche, malgrado ci siano i vaccini a darci una grossa mano per uscire da questo delirio collettivo di massa indotto. Chiunque abbia un ruolo di potere tende ad imporre regole assurde e illiberali ad una società che, rispetto allo scorso anno, appare ancora più remissiva, accettando di vivere come mummie imbalsamate senza neppure un mugugno.
Ma i danni alla socialità ed alla psicologia degli individui, i quali rappresentano requisiti fondamentali anche in campo economico, sono oramai incalcolabili. Soprattutto il mantenimento dell’obbligo della mascherina e del distanziamento, unito ad altre misure più legate alla superstizione che alla scienza moderna, stanno alterando alla radice ogni forma di relazione interumana, creando i presupposti per quella dissoluzione della nazione descritta da Giancristiano Desiderio.
Parafrasando il grande Winsotn Churchill, una cortina di ferro “sanitaria” è calata sulla nostra Repubblica, trasformando l’Italia in una landa desolata nella quale, così come accadeva nel paradiso staliniano, per muoversi da una regione all’altra occorre un salvacondotto: il fantastico green pass.
Claudio Romiti, 2 giugno 2021