Si tracciano arditi parallelismi tra dittatura italica e russa, quando non ucraina addirittura, senza considerare che il nostro regime alla puttanesca, al netto delle inettitudini e delle corruzioni locali, è stato e resta largamente ispirato da Pechino, il cui sistema premiale è introdotto dal lasciapassare (che non passa) e dalla fanatica strategia del Covid zero, che sarebbe cancellare il contagio cancellando la popolazione come si sta cercando di fare a Shangai (cui i nostri Speranza, Ricciardi, Galli e una pletora di setosi “scienziati” non nascondono di riferirsi). Si butta tutto nel calderone dell’antica insofferenza verso gli Usa e la Nato, idiosincrasia che di ragioni storiche ne ha quante se ne vogliono, ma che nella fattispecie appare forse leggermente stiracchiata, come la pelle dei coglioni che va dove la tiri. Ne deriva un bordellone, ideologico, logico, etico, tecnico, tattico che fa impallidire il circo Barnum, quello di Mosca e pure il circo Takimiri.
Ora, lasciamo pur perdere le oscillazioni di una destra che in testa ha solo un’idea meravigliosa: non avere nessuna idea e andare al traino delle mode del mondo. Fermiamoci alla situazione dei sedicenti migliori, i quali hanno talmente perso la trebisonda da non risultare più nemmeno ridicoli: ma tragicomici, ma agghiaccianti. Ieri, 25 aprile 2022, alla edizione numero 77 della liturgia resistenziale dell’antifascismo militante, onirico, cinico, moralistico, nostalgistico, intollerante o del fascismo degli antifascisti di cui parlava Flaiano, tutti hanno sfilato per tutto e contro tutto: e, soprattutto, contro di loro, contro le rispettive percezioni della sinistra. Ammesso che ci sia ancora, che qualcuno sappia ancora cosa sia, dove sia.
Max Del Papa, 26 aprile 2022