A differenza di Napolitano – che incaricò Monti dopo averlo nominato senatore a vita – Mattarella suggerì a Mario Draghi di buttarsi nella missione impossibile di salvare l’Italia dal Covid e dalla crisi antieuropea, senza paracadute. Missione compiuta, ha ricordato Draghi poche settimane fa. E ora? Molti avevano dato per scontato che, sull’esempio di Napolitano, Mattarella si potesse disporre a un anno e mezzo di re-incarico per assicurare il futuro della “coppia” perfetta Quirinale-Palazzo Chigi. Il suo diniego, formalmente ineccepibile, sta però portando la politica italiana in un nuovo gorgo, dove le legittime ambizioni di Draghi rischiano di trasformarsi in un problema. Tutto giusto?
5. C’è un’altra ferita – forse la più seria – di questi sette anni. Una ferita che meriterebbe una riflessione a parte, ma che non può essere taciuta. Il silenzio insistito sulla Giustizia. Mai come in questi sette anni il Paese ha assistito a una crisi patente e non gestita della magistratura e del suo organo di autogoverno, il Csm, di cui il Capo dello Stato è presidente, per dettato costituzionale. Mai come in questi anni ci sarebbe stato motivo per sciogliere il Csm, senza arrivare al punto – come sosteneva Cossiga – di circondare il Palazzo dei Marescialli con i blindati dei carabinieri.
Il silenzio di Mattarella su questa partita – essenziale per la vita civile di un Paese – forse è stata la pagina meno memorabile di sette anni, difficili, complicati e imperfetti. Come quelli dell’Italia intera.
Antonio Mastrapasqua, 4 gennaio 2021