La festa della donna, che nasce dalla bugie dell’incendio dopo uno sciopero mai avvenuto nella fabbrica di New York, è diventata in breve famosa assumendo la valenza ideologica che identifica la figura femminile come bramosa di ribellione contro le caratteristiche naturali di madre e moglie. L’8 marzo è in sé una festa farlocca, velleitaria. A parte l’assurdo intrinseco di una festa di genere. È legata visceralmente alla donna che sarebbe minacciata dalle diseguaglianze e dalla violenza. Perché si sa, ogni campagna che riguarda la donna prende di mira tutta la società. E su questa scia è nata la retorica della violenza di genere. Il famoso ‘femminicidio’.
Femminicidio, l’assurdità dei reati ad hoc
Il reato di femminicidio è in sé un’idiozia. In una società occidentale il diritto è universale, non cambia il profilo a seconda dei generi. Uccidere un maschio, una femmina, un vecchio o un bimbo è uguale. Creare reati di ad hoc è assurdo se la legge vale per tutti. Una norma assurda anche nell’inefficacia come deterrente. Un po’ come quando s’introdusse il divorzio e uno dei temi di propaganda era che si sarebbero evitate violenze e omicidi, tutto si sarebbe risolto civilmente per legge. Le statistiche in tal senso sono solo peggiorate perché è stata minata l’essenza del matrimonio. Per chi non guarda le puntate della serie, ma solo i trailer: le donne assassinate nel 2019 sono state 111, gli uomini 204, nel 2018 gli uomini assassinati sono stati 212, le donne 130.
Oggi l’emergenza della violenza sulle donne esiste, certo. Si chiama infibulazione, lapidazione, blasfemia, poligamia, pornografia, le spose bambine, il velo, gli aborti delle bimbe in Cina e in India, le lapidazioni delle adultere. Eppure niente statistiche e prime pagine. Li chiamano persino diritti. È dalla banalizzazione femminista dell’aborto e di quel “grumo di cellule”, in Occidente, che tutto è diventato normale. Anche un velo che dichiara l’assoluta mancanza di dignità per una donna e l’oggetto di concupiscenza con cui sono segnalate le bambine di 9 anni diventano un diritto. In Cina e in India nessuno vuole diventare madre di una donna. E questo scempio è normalità.
Solo in Cina mancano 70 milioni di bimbe perché abortite scientemente dopo l’ecografia. In India le cliniche sponsorizzano l’aborto delle bambine indicando quanti soldi mamma e papà andranno a risparmiare per il futuro.
Le bugie storiche del femminismo
Il femminismo potremmo dividerlo in due. Il movimento di emancipazione femminile e quello di liberazione, ormai sovrapposti in una delle tante bugie storiche.
Nell’antica Roma, la donna non aveva alcun diritto e non era soggetto di diritto: era unicamente un oggetto. Non svolgeva alcun ruolo ufficiale nella vita politica, né amministrativa. La donna greca era già confinata nel gineceo, come oggi nelle civiltà islamiche: murata viva nell’harem.
Con il cattolicesimo arriva la vera “emancipazione”. E cambia per sempre il destino delle donne. Cristo sconvolge tutto e dà alla donna la dignità di persona, oltre che un ruolo nella società. Con il cattolicesimo assumono una funzione speciale anche le vedove. Motivo per cui nel Medioevo cristiano la donna sarà regina. Sa leggere e scrivere, e come oggi, lo fa già più degli uomini. Studia all’università di medicina, è librorum custodia, padrona di casa e centro della società. La sua vita nel mondo feudale non ha nulla a che vedere con quello della donna di oggi in un qualsiasi Paese islamico.
La donna è inserita attivamente nella vita economica del Medioevo. Ci sono documenti dove le donne sono parte attive nelle donazioni, nelle vendite, nelle transazioni, anche per decisioni d’ordine militare, come racconta uno degli storici più preparati e fecondi sul Medioevo, Régine Pernoud. Nei suoi numerosi libri la Pernoud racconta che 65 mestieri erano già riservati esclusivamente alle donne contro 81 degli uomini. Mentre per 38 erano previsti entrambi i sessi. Addirittura Pernoud scrive che in alcune regioni della Francia, le donne partecipano alle assemblee e votano come negli Stati Generale del 1308. Poi è arrivato l’illuminismo e la rivoluzione francese e con esse la “liberazione” della donna. E di nuovo ha dovuto chiedere che davanti alla legge le fosse riconosciuto lo status di persona.
Quando s’impone il movimento di liberazione non è altro che un movimento basato sull’odio per l’uomo, la vita, la maternità, il cristianesimo, il mondo occidentale e soprattutto per le donne stesse: possono conquistare il diritto ad amputarsi della propria sessualità. Una sessualità incentrata sulla maternità, ora diventata una sessualità usa e getta: propria del peggior genere di uomo che rivendica il diritto a rifiutare il figlio che ha generato. La natura dichiara chiaramente che i maschi vogliono le femmine e le femmine i maschi e che entrambi vogliono una prole, la discendenza. La ragione umana ha creato il matrimonio perché tutto questo fosse possibile. Uomini e donne sono profondamente diversi: se così non fosse non avrebbero bisogno di essere completati da un corpo e da una mente diversi.
Record negativo di denatalità
Matrimonio viene da “madre”: c’era un tempo in cui tutto girava attorno alla donna. Tutta la società era costruita per far sì che la donna diventasse madre. Oggi è tutto il contrario e se c’è una cosa su cui la festa dell’8 marzo dovrebbe interrogarsi è innanzitutto sul record negativo di denatalità dell’Italia. Una conquista per la donna sarebbe quella di poter diventare madre con tutte le facilitazioni possibili perché tutta la società dovrebbe orientarsi guardando al centro del ventre gravido di una donna, e invece l’unica conquista è stato l’aborto: non uccido me, ma la mia discendenza. Il domani. Se c’è da rivendicare, dovrebbe essere contro gli assurdi soli quattro mesi di congedo, ne occorrerebbero almeno venti. E dovrebbero essere retribuiti per intero, dal primo all’ultimo. Bisognerebbe rivendicare un reddito di maternità, incentivi per far nascere famiglie numerose e una fiscalità a misura di famiglia.
L’odio del movimento di liberazione femminile è, invece, tutto per il cristianesimo e la maternità. Ogni singola donna che ha messo al mondo un figlio ha cambiato la storia e il corso dell’eternità. Qualsiasi maschio può andare sulla luna. Solo noi possiamo diventare madri e insegnare contemporaneamente fisica sperimentale. La maternità è superiore a qualsiasi altra opera umana. Ma è una sciocchezza che possiamo cambiare la storia imitando gli uomini e rinunciando ad essere femmine e madri. Quella è solo una trappola esiziale. La civiltà mediterranea ha prodotto il “matriarcato”: nonne e madri non domestiche, ma sovrane. Custodi di tradizioni e della discendenza familiare. Da anziane venerate per quella saggezza che era loro propria, a capotavola a tessere il passato e il futuro dei loro cari. Io ne ho avute due, mia madre è la terza.
Quote rosa contro il merito
Quella capacità di decidere strategie dal posto di comando che è la casa di cui sono padrone assolute. Chi sta a casa può uscire, entrare e decidere chi entra e chi esce. Chi non conosce la stabilitas loci e insegue la carriera su voli in ritardo, non può controllare il proprio tempo e non può accudire quello di chi ama. E rischia spesso, quasi sempre, di non avere più il controllo di quel che accade in quelle mura. Con la matriarca la casa diventava una fortezza inespugnabile, proprietà di quel privato inviolabile che è la famiglia. Quartier generale per conquiste e ritiri. Il focolare domestico la trasformava in vestale: ciò di cui ha bisogno ogni famiglia.
La donna aveva un cordone ombelicale invisibile e sempiterno verso la sua famiglia, oggi è solo un’imitazione riuscita male, isterica, dell’uomo. Terrorizzata dal passare del tempo ha paura di diventare “ieratica” e si nasconde dietro labbra a canotto e zigomi a barcone: avvelenando ogni tipo di saggezza che le sarebbe connaturata. La donna di oggi disinibita ed esibizionista, oggetto di mercato è utile solo a diventare capolista con le quote rosa. Occupando una poltrona solo perché femmina, ha ucciso l’orgoglio che viene dal merito. Facendosi chiamare “ministra”, “direttora”, “presidenta” e “medica” ha ucciso pure l’italiano.
La donna che sa chi è non festeggia l’8 marzo, anzi tifa per abolirlo lasciando le mimose sugli alberi. Perché la donna ad immagine e somiglianza di quella emancipata dal cattolicesimo è colonna portante, equilibrio tra desideri, società e famiglia. Ha un valore suo proprio, che oggi ha mortificato nel suo essere un maschio castrato. Donna viene da ‘domina’, signora e da ‘domus’, casa. C’è qualcosa di barbarico, violento, vigliacco e demente in chi è felice che la donna abbia perso la sua signoria. L’8 marzo delle mimose e della fasulla storia dell’incendio festeggiatelo voi, femminucce e non donne!
Lorenza Formicola, 8 marzo 2021