Io non ne posso più dell’antifascismo che non è anticomunista e dell’anticomunismo che non è antifascista. Non ne posso più di un Novecento che, come mi disse una volta Vittorio Foa – uno che fu antifascista per davvero e che del fascismo conobbe la galera – non è stato per nulla un “secolo breve” ma un secolo sterminato e sterminatore che in Italia non finisce più e ogni volta, a ogni cambio di regime e di camerieri, si ripresenta come commedia. E tanto per non farci mancare nulla, sono proprio coloro che ci dicono che il Novecento non c’è più, che la destra e la sinistra sono categorie ormai inutili che, in realtà, ci ripropongono ora da destra e ora da sinistra il Novecento sotto forma di commedia plautina degli equivoci, di opera dei pupi e di crassa ignoranza.
Fino a quando siamo destinati a replicare l’ignoranza della nostra storia? Fino a quando non saremo in grado di accettare la lezione che ci viene dalla storia e dal pensiero: siamo tutti democratici solo e soltanto se siamo tutti anti-totalitari. Questo è il pezzo mancante della tragedia, questo è il pezzo mancante del Novecento. Il pezzo che la cultura italiana, troppo innamorata del potere in ogni sua forma, non vuole vedere. E per questo motivo la cronaca, la politica, la cultura sono immerse quotidianamente in un clima totalitario che genera mostri.
Le lezioni non si danno ma si prendono, amava dire Cesare Pavese. Ma ogni tanto una bella lezione vien pur voglia di impartirla o, con tanta nostalgia, avrei voglia di un maestro che mi desse una lezione di libertà, ma qui non vedo che maestrini e un paesaggio italiano con zombi, come scriveva Arbasino.
Giancristiano Desiderio, 12 maggio 2019