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A Conte l’Oscar della ingenuità

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In politica estera gli ultimi Presidenti del consiglio (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte) come degli apprendisti stregoni, sono solo capaci di scambiare pacche sulle spalle davanti ai fotografi della Casa Bianca o dell’Eliseo e di interpretarli come gesti di grande intesa. Ben diversi dalla statura di personaggi come De Gasperi, Andreotti, Craxi, Prodi o D’Alema, che per coraggio e visione hanno dato all’Italia, a seconda delle stagioni, un ruolo strategico con gli Usa, la UE, il Medio Oriente, la Cina ed i Balcani. Anche il tanto bistrattato Berlusconi, tra intuizioni geniali, come il vertice di Pratica di Mare del 2002, e il mancato coraggio nel difendere Gheddafi fino all’ultimo, è stato un protagonista.

Di questi tempi, invece, l’Oscar della ingenuità va a Giuseppe Conte, convinto mesi fa di celebrare il suo ‘pranzo di nozze’ a Palermo, inventandosi un vertice sulla Libia con i grandi del mondo, da Trump a Putin, che purtroppo non si sta rivelando neppure come una scampagnata tra le meraviglie dell’isola. Pure il Generale Khalfaq Haftar gli ha dato buca all’ultimo momento, come se uno sposo non si presentasse al matrimonio. Con il ministero degli Esteri esautorato da Palazzo Chigi nella gestione degli inviti (nessuno, ad esempio, ha telefonato al segretario di Stato Usa, Mike Pompeo) e il questore di Palermo che si lamenta per la mancanza di piani organizzativi sugli arrivi delle delegazioni, il cerimoniale sta impazzendo. Alcuni partecipanti, inoltre, non vogliono neppure incontrare altre delegazioni presenti (il più capriccioso l’egiziano Al Sisi), tanto che il Premier Conte dovrà cenare quattro volte perché non riesce a mettere insieme nello stesso tavolo i capi delegazione senza finire in una rissa. Per i giornalisti sembra previsto una sorta di recinto, senza neppure lo spazio per una sigaretta, per non parlare del logo appositamente creato per l’evento con una bandiera italiana che ha fatto ridere un po’ tutti.

Sui contenuti, poi, nebbia fitta, tanto che passerà alla storia come un incontro informale, senza neppure un testo finale e con addirittura lo sfregio dell’Unione africana, che vieterà qualsiasi altro vertice che non si celebri in loco, e quello delle Nazioni Unite che hanno tirato fuori un documento proprio sulla Libia tre giorni prima di Palermo. La verità, a questo punto, è che i problemi in quella zona possono essere risolti solo dai libici che dovranno indire prima il referendum per la Costituzione, sul quale stanno discutendo sessanta rappresentanti eletti da tutte le parti in conflitto, e poi finalmente arrivare a libere elezioni. E che il tempo delle passerelle internazionali per salvifici leader in cerca di gloria è finito.

Luigi Bisignani, Il Tempo 11 novembre 2018