Esteri

“A Gaza è in atto un genocidio”. Le ragioni di un falso

I filo-pal insistono da mesi nell’utilizzare un termine improprio per descrivere quanto sta accadendo sulla Striscia

© getmilitaryphotos, sitox e stellalevi tramite Canva.com

Sarebbe opportuno, riteniamo a questo punto, riflettere attentamente sul significato delle parole. Significato letterale ed intrinseco. La parola “genocidio” è entrata ormai nel linguaggio comune per descrivere ciò che sta accadendo a Gaza, e la forza genocidiaria, ossia colei che opera il genocidio, sarebbe giustappunto Israele. Un uso certamente evocativo del termine, utile forse a commuovere gli animi di chi assiste, ma decisamente fuorviante.

Riprendiamo per un attimo in mano il dizionario degli etimi. Il termine “genocidio” è formato dalla radice greca di ghénos, ossia “razza”, “stirpe”, e dal verbo latino caedo, “uccidere”, da cui poi si forma la desinenza cidium. Dunque, la distruzione di una razza, di un gruppo etnico in quanto tale. La sola caratteristica che giustifica il massacro, nel senso linguistico del termine, è il fatto che un insieme di esseri umani possieda una particolare caratteristica (fisica, etnica, religiosa) tale da giustificarne lo sterminio. Nella storia gli esempi sono, tristemente, molteplici. Il genocidio degli armeni fu attuato dai turchi ottomani contro il gruppo etnico, per l’appunto, degli armeni. L’Olocausto vide come protagonisti del massacro sistematico gli ebrei in quanto ebrei. Il genocidio del Ruanda ebbe come vittime la minoranza etnica dei Tutsi, sterminati per via di un tremendo odio interetnico con la maggioranza Hutu.

Durante le guerre jugoslave l’esercito serbo si macchiò di crimini atroci contro la minoranza religiosa dei bosgnacchi, ossia i musulmani bosniaci, massacrati nel tristemente noto eccidio di Srebrenica. In Cambogia gli Khmer rossi adoperarono metodi genocidiari uccidendo sommariamente la popolazione borghese cambogiana; si rammenta di uomini uccisi solamente perché portavano gli occhiali, simbolo odiato della classe borghese. Ora, dopo un simile elenco di atrocità, considerare gli avvenimenti di Gaza come parte di un genocidio in corso è decisamente iperbolico, se non indecente. I palestinesi non vengono uccisi in quanto palestinesi; Israele non ci sembra nutrire un particolare odio etnico nei confronti del suo scomodo vicino (in Israele vive 1 milione e mezzo di palestinesi). La popolazione di Gaza è vittima di una guerra iniziata da chi controllava quella città, ossia Hamas.

Se si seguisse il discorso di chi, erroneamente, parla di genocidio, dovremmo considerare gli americani come i maggiori autori di atti genocidiari: i bombardamenti di Dresda, la guerra contro i vietnamiti, le bombe atomiche sul Giappone. Anche noi europei non saremmo da meno dopo i bombardamenti della Nato sulla ex Jugoslavia. La guerra coinvolge tutti, anche i civili, ma guerra non significa necessariamente genocidio. Che poi semmai l’unico atto genocidiario è stato il pogrom perpetrato da Hamas il 7 ottobre. Le parole sono pietre usava dire Carlo Levi, usiamole nel modo corretto.

Francesco Teodori, 12 settembre 2024

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