“Il populismo è il grande nemico della democrazia”. “Il populismo è fatto solo di promesse impossibili realizzare”. “Slogan e poco altro: il populismo delle destre è sempre stato questo”. Questi ritornelli li conosciamo tutti: i giornali progressisti li hanno intonati in ogni campagna elettorale per provare a denigrare le pericolose destre – rigorosamente al plurale, che fa più pericolo – e tirare la volata alla sinistra. Ma negli ultimi anni anche i soliti soloni rossi sono stati costretti ad ammettere un certo populismo anche tra le file dei “buoni”, dei democratici, degli antifascisti. Negli Stati Uniti, in vista delle presidenziali di novembre, nessuno ha provato a negare l’evidenza: Kamala Harris è populismo allo stato puro. Ma ecco la soluzione per l’impasse: la nascita del populismo buono. O meglio, del populismo “inevitabile”.
La novità è stata firmata dal Corriere della Sera al termine dello sconcertante intervento di Kamala alla convention del partito democratico. La beniamina della sinistra internazionale ha sfoderato una serie di supercazzole d’autore, la fiera delle banalità, ma la vera nota dolente è legata indissolubilmente al capitolo economico. Il programma non ha convinto minimamente nemmeno i commentatori di sinistra. Persino i suoi sostenitori hanno evidenziato le zone d’ombra del suo progetto, se di progetto possiamo parlare. Sì, perchè l’intervento della Harris è stato una clamorosa filippica populista da fare invidia al primo Movimento 5 Stelle. Però, come anticipato, il Corriere della Sera non s’è scoraggiato ed ha tirato fuori la perla: il populismo “inevitabile”, giustificato dall’emergenza, ossia dalla possibile vittoria di Donald Trump.
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Se le proposte per combattere l’inflazione rischiano solo di alimentarla, l’unica priorità di Kamala in campo economico è rappresentata dal ceto medio. Ma la qualità del suo intervento ha confermato il vero punto: la necessità di strappare voti a Trump e non aiutare – davvero – gli americani schiacciati dall’economia. Il ricorso al controllo dei prezzi ha lasciato perplesso il mondo democratico, così come le tante incognite fiscali del suo piano. Idee populiste, dicevamo. Ma non solo in economia. La Harris ha dimenticato quanto promesso nella campagna elettorale del 2020, archiviando proposte come la depenalizzazione dell’immigrazione clandestina o il divieto di estrazione di idrocarburi col fracking.
Un intervento come quello di Kamala pronunciato da Trump sarebbe stato stroncato da ogni giornale di sinistra, ma il problema è appunto chi parla. Perchè anche il populismo può avere connotazioni positive, il Corriere non ha dubbi: alla Harris possiamo perdonare tutto, l’importante è che sconfigga il brutto e cattivo tycoon. Dimenticando – volutamente – i risultati ottenuti dall’ex imprenditore durante il suo mandato. E i fallimenti della pompatissima Kamala, a partire dalla gestione dei confini. Purtroppo non si tratta di una boutade e da qui a novembre ne vedremo delle belle. Si fa per dire…
Franco Lodige, 22 agosto 2024
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