Lo hanno frequentato Goethe e Canova, Stendhal e Nietzsche, Liszt e Wagner, Marinetti e D’Annunzio, Flaiano e Elsa Morante. In qualsiasi altro paese sarebbe un monumento nazionale da tutelare e proteggere. Ma nella Roma e nella Italia maduriste di Virginia Raggi e di Giuseppe Conte, alcuna autorità di “governo” sembra interessata alle sorti del Caffè Greco.
Dopo una lunga diatriba legale, il caffè, nato nel 1780, uno dei più antichi e importanti d’Europa, quando questa parola voleva dire qualcosa perché era una comunità di cultura, non di parametri e letterine, rischia lo sfratto e la destinazione ad altro uso, anche se dovrebbero essere conservati gli affreschi e le decorazioni che lo impreziosiscono.
In qualsiasi altro paese, dicevamo, il ministro preposto si sarebbe attivato. Invece Franceschini passa il suo tempo, oltre che a nominare, a trafficare nel gioco politicante, la cosa che meglio gli riesce, a elargire la gestione dei musei a direttori stranieri e, più in generale, come ha scritto qualcuno molto di sinistra come Tomaso Montanari, a trasformare i beni culturali in marketing. Che volete che sia, rispetto alla tattica consistente ad allearsi con l’ultima delle correnti 5 stelle, le sorti di questo caffè. Cappuccini e brioches non mancheranno nella Capitale.
Ancor peggio il sindaco Raggi e il suo assessore alla “cultura”, molto più interessati a giustificare le occupazioni abusive dei centri sociali e a chiedere ai romani di tenersi la spazzatura in casa. Se al posto del caffè Greco nascerà un franchising di biancheria intima, meglio, vorrà dire che produrrà meno rifiuti.
Questa vicenda dimostra, nel suo piccolo, che poi piccolo non è, la concezione condivisa dalle quattro sinistre del governo: il rigetto della tradizione, anzi il suo disprezzo, il progressismo ebete di chi ritiene di vivere solo nel presente e per il presente, con il futuro immaginato semplicemente come una proiezione all’infinito del qui ed ora. Per i progressisti la tradizione è vecchiume, superstizione, pregiudizi: mentre il futuro è solo quello dei “diritti”. E i soldi pubblici preferiscono utilizzarli per mantenere gli immigrati clandestini e per sovvenzionare con il reddito di cittadinanza i loro clientes.
Abbiamo parlato di madurismo non solo perché i 5 stelle sono da sempre legati, in ogni senso, al Venezuela del socialismo bolivariano. Ma anche perché tale appare la forma del socialismo oggi: straccione, poveristico, sputacchiante sulla storia e sulla tradizione, in città piene di rifiuti e di ratti, in preda alla criminalità. Almeno le strade della Ddr erano pulitissime e si poteva andare a dormire con la porta aperta.
Marco Gervasoni, 22 ottobre 2019