Sul tema della civiltà ho sempre apprezzato un pensiero di Sigmund Freud, secondo cui essa si basa sul “contenimento dei moti pulsionali istintivi a vantaggio della società”. A ciò si lega il postulato fondamentale della psicoanalisi della sublimazione di tali impulsi, i quali quando vengono canalizzati verso attività socialmente accettate giungono anche a dar luogo a grandi imprese umane. Sta di fatto che, soprattutto chi ha vinto la lotteria della notorietà, ottenendo onori e quattrini, dovrebbe ancor più sottostare a questa importante istanza psicologica, contenendo per l’appunto i suoi impulsi bestiali.
Esattamente quello che non è accaduto a Sanremo, allorché il giovane Blanco sembra che non sia minimamente riuscito a moderare gli stessi impulsi primordiali, dando vita ad uno spettacolo deprimente di furia cieca, devastando il delicato simbolo del Festival di Sanremo e della ridente città ligure: i fiori, emblema per antonomasia della delicatezza.
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Tuttavia, proprio per questo ho usato il condizionale, rivedendo più volte il video dell’accaduto ho maturato il forte sospetto di trovarmi di fronte ad una classica messa in scena, finalizzata a raccogliere ancora più attenzione intorno alla seguitissima manifestazione canora. In estrema sintesi, il successivo comportamento assai tranquillo mostrato dal ragazzotto romano, che a tutta prima non pare un diretto antenato dell’uomo di Neanderthal, e suoi sorrisini imbarazzati hanno rappresentato una nota molto stonata rispetto alla violenza con cui egli ha devastato il circostante palco floreale. Così come sono apparsi piuttosto studiati gli strattoni e le spinte che Blanco ha riservato agli incolpevoli membri della sua band. Ed anche i paternalistici rimbrotti del conduttore, non propriamente un artista formatosi all’Actor studio, hanno dato adito a parecchi dubbi e perplessità.
Sta di fatto, che in ogni caso l’episodio, per quanto detto all’inizio, rappresenta un pessimo esempio per giovani e meno giovani. Ma, nel caso si rivelassero veri i miei sospetti, l’episodio sarebbe ancor più esecrabile, in quanto trasmesso dalla Rai, la cui antica funzione pedagogica, di cui l’azienda pubblica ha fatto sempre un vanto, sarebbe andata letteralmente a farsi benedire. D’altro canto, oggi più di ieri, audience non olet.
Claudio Romiti, 10 febbraio 2023