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A trent’anni dalla caduta del Muro c’è un nuovo comunismo

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A trent’anni esatti dalla caduta del muro di Berlino, il mondo non è del tutto libero dal comunismo, ci sono nazioni che continuano ad essere governate da leader comunisti, politici e cittadini che si definiscono tali dimenticando i milioni di morti avvenuti in nome del comunismo, così come le privazioni delle libertà individuali portati dai regimi comunisti. Eppure, se apparentemente in Occidente il comunismo è stato sconfitto, in realtà ha solo cambiato forma e, parte della sua ideologia, oggi è rappresentata dal globalismo. Si tratta di un movimento politico-sociale che interpreta gran parte delle battaglie care al comunismo e all’internazionalismo di sinistra unite agli aspetti più deleteri della globalizzazione, un mix micidiale che si è diffuso in modo capillare negli ultimi anni.

Il pensiero globalista si oppone al concetto di identità rappresentato dalle nazioni, propone una società dove le differenze tra i popoli sono cancellate in nome di un livellamento (vi ricorda qualcosa?) globale. Poco importa se si è italiani, norvegesi, americani, giapponesi, usi e consumi (non più costumi) devono essere analoghi. Il globalismo contrasta le religioni e auspica una società sempre più secolarizzata dove l’ideologia globalista si sostituisce alla religione assumendo perciò un carattere dogmatico. Il globalismo inoltre concepisce i cittadini non come singoli individui con le proprie peculiarità, differenze e caratteristiche personali, ma come una massa a cui imporre comportamenti standardizzati in contrasto alle libertà individuali.

Chi rappresenta la nuova ideologia globalista è un numero ristretto di governanti appartenenti a strutture sovranazionali che decidono le sorti di centinaia di milioni di persone, un nuovo establishment che si sostituisce alla struttura dell’apparato, esercitando il proprio potere attraverso l’applicazione di una rigida burocrazia. Il ruolo dei politici viene progressivamente sostituto da tecnocrati e multinazionali che esercitano un’influenza (e un controllo) nei comportamenti dei cittadini.

Il globalismo, così come un tempo il comunismo, punta non solo all’omologazione dei consumi e dei comportamenti ma anche delle opinioni attraverso un controllo della libertà di parola e di espressione che si cerca di limitare laddove vengono espressi pensieri contrari al progetto globalista. Si tacitano e si marginalizzano le voci non conformi attualizzando il meccanismo della censura.

Se la caduta del muro di Berlino ha avviato il processo di disgregazione del comunismo, oggi possiamo affermare che l’ideologia comunista non è morta né scomparsa ma ha solo mutato pelle rimanendo molto pericolosa perché più subdola e mascherata. Il modo migliore per contrastare il pensiero globalista, è la conservazione dell’identità in opposizione all’omologazione, sottolineando la centralità della libertà individuale all’interno della comunità nazionale.

Francesco Giubilei, 9 novembre 2019