Giustizia

A urne chiuse, si può indagare sul Pd - Seconda parte

Orlando, notizia indagini solo dopo il voto

Restiamo in casa progressista ma scendiamo di parecchio, andiamo a Palermo: qui il sindaco Leoluca Orlando, storico e inamovibile paladino della legalità, dell’antimafia, dei migranti, dei valori, degli ideali, tutti pompati con orge di retorica tribunizia, si ritrova, ohibò, indagato per falso in bilancio comunale nel periodo 2017 (anno del suo insediamento)-2019 insieme ad altri 23 burocrati fra assessori, dirigenti, capi area. Un tripudio della legalità, appena disinvolta secondo la Guardia di Finanza che per mesi e mesi ha scartabellato fra numeri, tabelle e documenti; il risultato, secondo le risultanze d’indagine, è che “I pubblici ufficiali sottoscrivevano e inviavano all’ufficio Ragioneria generale delle schede di previsione di entrate sovrastimate (tenuto conto dei dati – a loro noti – degli effettivi accertamenti delle entrate nelle annualità precedenti) così inducendo in errore il consiglio comunale di Palermo sulla verità dell’atto, determinandolo ad adottare la deliberazione con la quale veniva approvato il bilancio di previsione”.

Poi uno si stupisce che Orlando così difendesse il collega di Locri Lucano: “Tentativo di criminalizzare la cultura dell’accoglienza”. Orlando e i 23 restano, s’intende, semplici indagati, però non da oggi: anzi oggi (ieri, in realtà) tutti hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini. Delle quali si è saputo solo a 96 ore dalle amministrative.

Il caso di Domenico Arcuri

Lo stesso si può dire per Domenico Arcuri, l’ex potentissimo supermanager cui all’inizio del 2020 il premier Giuseppe Conte aveva affidato la gestione dell’emergenza pandemica legata al Covid. Arcuri risulta indagato dalla Procura di Roma per le ipotesi di peculato e abuso d’ufficio in relazione all’acquisto di 800 milioni di mascherine di fabbricazione cinese, operazione che lascia sospettare percezioni di denaro non giustificato a beneficio tre personaggi in funzione di intermediari, anche loro nel registro degli indagati: l’ex giornalista Rai Mario Benotti, considerato una sorta di trait d’union, e gli imprenditori Andrea Vincenzo Tommasi ed Edisson Jorge San Andres Solis, i quali entrano nel fascicolo in qualità di uomini d’affari, peraltro se in settori del tutto estranei a quello sanitario.

I pm procedenti, Gennaro Varone e Fabrizio Tucci, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, vogliono chiarire le circostanze della maxicommessa, costata allo Stato italiano 1,2 miliardi e sulla quale grava il sospetto di 67 milioni di provvigioni indebite, ma anche l’eventuale frode nelle pubbliche forniture, conseguente alla totale non conformità dei dispositivi di protezione così come verificati dalle analisi tecniche dopo il decreto di sequestro eseguito dalla Guardia di Finanza sia presso struttura commissariale nazionale sia nelle sedi regionali. Tra l’altro, risultano ancora giacenti 230 milioni di mascherine a questo punto inutilizzabili. La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di Arcuri e degli altri arriva dopo una prolungata attività investigativa, diramatasi da e su diverse direttrici sulla scia dell’approvvigionamento di preparati e strumenti sanitari.

Esattamente 8 mesi prima, nel febbraio di quest’anno, era stato ancora il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ad occuparsi per primo delle circostanze legate alla somministrazione dei primi vaccini affluiti in Italia secondo modalità considerate opache al punto da giustificare un mandato ai carabinieri del Nas del capoluogo umbro per l’acquisizione di documenti specifici dalla struttura guidata da Arcuri così come dall’Aifa. Anche la Regione Veneto risultava riguardata nell’attività informativa sulle carte. Tutto era scaturito da un tentativo di truffa ad opera di quarantenne originario della provincia di Messina il quale, un mese prima, accreditandosi falsamente come intermediario per conto di Astrazaneca internazionale aveva proposto alla Regione Umbria l’acquisto di vaccini anti Covid.

Circa la faccenda delle mascherine, invece, era stata “La Verità” ad annunciare l’esistenza di un fascicolo esplorativo lo scorso aprile. La vicenda è ghiotta, anche perché i politici proiettati lungo la “via della seta” cinese sono parecchi. Ma la notizia dell’ipotetico coinvolgimento di Arcuri, nel frattempo giubilato dal nuovo premier Draghi, sarebbe uscita soltanto sei mesi dopo, in modo politicamente indolore visto che le elezioni si erano concluse da poche ore. Non fossero coincidenze, o sincronicità junghiane, sarebbe davvero da parlare di giustizia cronometrica.

Max Del Papa, 22 ottobre 2021

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