Partiamo da qui: l’Europarlamento ieri ha votato il “Fit for 55“, ovvero il pacchetto di misure proposte dalla Commissione Europea che costringerà le case automobilistiche europee ad abbandonare i motori endotermici a combustione (diesel e benzina) dal 2035. Si tratta di una rivoluzione epocale, in stile pianificazione sovietica staliniana, che punta a riconvertire il parco macchine dell’Ue in elettrico.
La domanda è: cosa succede adesso? Proviamo a capirlo con pochi, semplici, punti.
- Quando parte il divieto? Le auto a benzina, diesel e ibride non potranno essere vendute dal 2035. Fino a quel giorno potrete ancora acquistare una bella Ferrari scoppiettante (sempre che possiate permettervela): solo dal 2035 in poi le nuove immatricolazioni saranno vietate. Questo, però, non significa che la vostra Punto a benzina (al netto di decisioni nazionali e Ztl varie) non potrà circolare anche dopo quella data.
- La decisione è definitiva? Sì e no. In Europa le decisioni vengono prese a tre: dalla Commissione Ue, dal Parlamento e dal Consiglio Ue (composto da capi di stato e di governo). La rivoluzione green ha passato i primi due ostacoli, al netto di qualche spaccatura nella maggioranza. Ma ora il Consiglio dovrà formulare la sua posizione negoziale. L’intesa tra gli Stati potrebbe arrivare al Consiglio Ambientale del 28 giugno. Da lì inizierà la trattativa per stabilire nel dettaglio l’accordo sulle nuove regole Ue per gli standard di emissione di auto e furgoni nuovi.
- Cosa succederà al mercato dell’auto? Tutto è da vedere. Secondo alcune stime, le auto elettriche metteranno in difficoltà la classe media: difficilmente potranno costare meno di 20mila euro. Nei prossimi anni continueremo comunque ad acquistare molte auto con motore a combustione. Il primo motivo, come detto, è che costano ancora molto. Ma soprattutto ci sono ancora troppi problemi connessi al loro utilizzo: l’autonomia delle batterie, le tempistiche per la ricarica e l’assenza totale di una rete di colonnine.
- Le auto a diesel e benzina costeranno di meno? Possibile, almeno tra qualche anno. Si tratta infatti di un prodotto che perderà progressivamente valore. Allo stesso modo l’attuale e prossimo usato si svaluterà rapidamente.
- Dopo l’addio a diesel e benzina, ci sono alternative all’elettrico? Per ora, no. Il Ppe aveva proposto di abbassare il taglio delle emissioni delle auto dal 100% al 90%. In questo modo sarebbe rimasta aperta una finestra per tecnologie alternative all’elettrico, tipo carburanti “bio” molto meno inquinanti di benzina e diesel ma non totalmente a “impatto zero” come l’elettrico. L’emendamento però non è passato. “Penso che chi sta correndo sull’elettrificazione non voglia i carburanti sintetici – ha detto ieri il ministro Cingolani – che decarbonizzano fino al 90% e sono totalmente compatibili con le pompe di benzina che abbiamo sulle nostre strade e con i motori a combustione interna. Di questi carburanti noi siamo i secondi produttori al mondo. Secondo me potrebbe essere una soluzione soprattutto nella fase di transizione”.
- L’industria europea è a rischio? La risposta è semplice: sì. L’Ue ha accelerato sull’elettrico nella speranza di diventare il mercato di riferimento, ma ci sono dei problemi oggettivi: i cinesi sono in vantaggio. E soprattutto le materie prime per la creazione delle grosse batterie sono dislocate principalmente in Oriente.
- Si perderanno posti di lavoro? Certo. E non pochi. Le prime stime per la sola Italia parlano di 60-70mila posti di lavoro bruciati, poco meno della metà dell’intero settore. In Europa arriviamo a mezzo milione di possibili disoccupati. Si creeranno nuove occasioni lavorative? Ovvio, soprattutto nel settore dell’ingegneria elettronica. Il problema è che a parità di motori prodotti, per realizzarne di diesel servono 10 persone, per il benzina 3 e per l’elettrico solo 1. Il motivo anche qui è semplice: oggi per realizzare un motore servono la candela, i pistoni, il cilindro, gli iniettori. Domani non più. Secondo Clepa in Europa, se si decidesse di puntare solo sull’elettrico, a fronte dei 501mila posti di lavoro in meno si creeranno solo altri 226mila occupati: una perdita netta di 275mila.
- Quanto vale la componentistica dei motori endotermici? Per l’Italia, Anfia stima 2.200 imprese, 161mila addetti, 105,8 miliardi di fatturato per il 6,5% del Pil. In buona parte rischiamo di perderlo.
- Dove vengono prodotte le batterie? Ad oggi il 70% delle batterie è prodotto in Asia. Prima di tutti c’è la Cina, che ne realizza il 45% del mercato globale. Poi vengono Corea del Sud e Giappone. Questo significa che, a meno di una corsa alla riconversione, rischiamo di consegnarci nelle mani di Pechino. Per ora in Europa la prima batteria “comunitaria” è stata prodotta in Svezia. Le gigafactory sono in via di costruzione in Germania e Francia. La Gran Bretagna sta facendo lo stesso, ma fa storia a sé. In Italia Stellantis è al lavoro per riconvertire lo stabilimento di Termoli, ma rispetto alla componentistica (dove eravamo leader) il nostro Paese rischia la totale irrilevanza nel settore batterie.
- Le auto elettriche inquinano di meno? La risposta non è semplice. Le stime però non sono così a favore dell’elettrico. Primo motivo: per essere “carbon neutral” l’auto dovrebbe essere ricaricata al 100% da fonti rinnovabili, cosa ad oggi ancora impossibile. Inoltre i processi di estrazione delle materie prime che servono a produrre le batterie utilizzano moltissima acqua e sono inquinanti. Infine, nessuno ha ancora ben chiaro come verranno smaltiti i miliardi di batterie che in futuro diventeranno vecchie e inutilizzabili. Ad oggi, si stima che fino a 80mila chilometri un’auto endotermica (a benzina o diesel) e una elettrica producano pari emissioni.