Francesco Acerbi rompe il silenzio. E lo fa in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, nella quale confessa le sue emozioni in un periodo tumultuoso della sua carriera a causa delle accuse di razzismo da cui è stato assolto. Acerbi, con una storia personale segnata dalla lotta contro il cancro, ha affrontato temi delicati come la discriminazione e la sua esperienza all’interno del mondo del calcio.
Il calciatore ha descritto il suo stato d’animo all’indomani dell’assoluzione: “Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti”, sottolineando il peso del periodo vissuto e l’impatto sull’entourage. Nonostante l’assoluzione, Acerbi ha rivelato di aver percepito “un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno”.
Quando gli è stato chiesto perché avesse scelto di parlare solo dopo la sentenza, Acerbi ha risposto: “Perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme“. Ha espresso inoltre il rammarico per la situazione generata attorno alla sua persona, sottolineando che “non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco”. “Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? – insiste Acerbi – Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto”.
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Il calcio talvolta è stato punto di accusa per la sua apparente apatia nel combattere il razzismo. Acerbi, però, insiste: “Ma questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista”. Certo: la sentenza ha confermato che Acerbi ha rivolto insulti e forse anche minacce a Juan Jesus, benché senza intento discriminatorio dimostrabile, e non ha ricevuto punizioni. Il campo è una zona franca? “Non dovrebbe esserlo – risponde il difensore interista ma si sente un po’ di tutto, anche se ci sono quaranta telecamere. Se l’arbitro dovesse scrivere con carta e penna tutto quello che sente, dovrebbe correre con lo zaino. Però finisce sempre lì, altrimenti diventa tutto condannabile, anche gli insulti ai serbi, agli italiani, alle madri”.
Il difensore ha parlato anche del suo passato, ricordando come sia stato vittima di discriminazioni dopo la malattia. “Certo, per questo ritengo che se uno sbaglia è giusto che paghi”, ha affermato, e infatti Acerbi ha pagato una multa in passato per aver risposto agli insulti dei tifosi con il dito medio.
Riguardo alla sua carriera, Acerbi ha condiviso il timore che le accuse avrebbero potuto danneggiarlo irreparabilmente: “Se ti danno dieci giornate e passi per razzista cosa fai?”. Ha inoltre criticato la gogna mediatica, ritenuta inadeguata per risolvere problemi seri come quello del razzismo.
Infine, Acerbi si è espresso sulla sua felicità di giocare a San Siro, e ha rifiutato di parlare della Nazionale, dichiarando di voler discutere prima con l’allenatore Spalletti e poi chiudere definitivamente il capitolo. “Sono stanco, dopo oggi metto un punto alla vicenda. E non voglio parlarne mai più”.