Si è trasformato in un vero e proprio caso politico, quello di Aboubakar Soumahoro, parlamentare eletto tra le file di Verdi-Sinistra Italiana, al centro di uno scandalo che sta riguardando la gestione di due cooperative della moglie e della suocera. L’oggetto della controversia riguarderebbe il maltrattamento e lo sfruttamento di 26 immigrati, che secondo fonti del Domani e de La Repubblica non sarebbero stati pagati, per un totale di 400mila euro mai versati. Sono di poche ore fa anche le accuse mosse da Don Pupilla, direttore della Caritas di San Severo (Foggia), secondo cui “quando è stato candidato – riferendosi a Soumahoro – ho scritto personalmente all’onorevole Fratoianni in privato, dicendogli che stavano facendo un autogol, ma naturalmente non mi ha risposto: evidentemente, ha prevalso il racconto virtuale del leader di una nuova sinistra”.
Si badi bene però: l’esponente (oggi autosospesosi) di Verdi e Sinistra Italiana non è indagato e, fino a questo momento, risulta essere estraneo alla vicenda giudiziaria. Da veri garantisti, non possiamo fare altro che attendere il corso della giustizia: tutti sono innocenti fino a prova contraria (a differenza di quanto alimentato da qualche quotidiano e magistrato in epoche precedenti…). Di indubbio commento, però, deve essere la vicenda politica.
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“Il prodotto della sinistra”
Lo ha perfettamente riassunto Nicola Porro nel suo fondo su Il Giornale: “Soumahoro, con i suoi stivali e pugni chiusi, con le battaglie sul caporalato e i blitz al porto di Catania a sostegno delle Ong, è il simbolo della sinistra. Di questa sinistra. Della sinistra che alla disperata ricerca di un totem da idolatrare e che non ha imparato dalle scottature del passato”. E ancora: “Soumahoro è il prodotto della sinistra. È l’alibi che gli eletti in Ztl si sono costruiti al fine di sembrare popolari. Soumahoro è la copertina dell’Espresso che lo raffigurava accanto a Matteo Salvini, con il seguente titolo: “Uomini e no”. Come a dire: il primo appartiene alla nostra specie animale, il secondo, e cioè Salvini, non ne fa parte”.
Il parlamentare di Verdi-SI doveva essere il simbolo della sinistra progressista, quella buona ed inclusiva, che combatte una destra retrograda, capace solo di mettere muri e confini all’indiscriminata politica delle porte aperte. Insomma, Soumahoro doveva segnare la differenza valoriale tra chi propina quotidianamente i diritti, in nome dell’anti-razzismo, e chi invece vorrebbe abbatterli, con battaglie conservatrici e sovraniste. E invece, lo scenario sembra completamente ribaltarsi, tanto da essere scaricato anche dai suoi stessi amici di partito.
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“Non mi sarei candidato”
Stasera, l’esponente al centro della bufera è stato ospite a Piazzapulita, trasmissione televisiva condotta da Corrado Formigli. Non certo il peggior studio in cui un rappresentante della sinistra poteva capitare, ma Soumahoro cerca di rispondere alle accuse mosse in questi giorni: “Se avessi saputo delle indagini non mi sarei candidato“. Ma è lo stesso Formigli a seminare più di qualche dubbio. Il nocciolo della questione sollevata dal conduttore è proprio la distribuzione, tra moglie, suocera e consiglieri, di compensi pari alla somma di 240mila euro: “Fa abbastanza impressione, quando vediamo che la sua famiglia apre un resort in Ruanda. Questi soldi non si potevano usare per pagare questi disgraziati, senza stipendio da due anni?“. E ancora: “Possibile che lei non abbia mai chiesto conto di questi compensi?”. Soumahoro confessa: “Ho commesso una leggerezza”.
E pure sul video di pochi giorni fa, dove si raffigurava in lacrime mentre accusava l’opposizione di metterlo all’angolo, lo definisce un “momento di debolezza umana”. A quel punto, Formigli chiede: “Lo rifarebbe quel video?”. La risposta secca di Soumahoro: “Mai più”. Insomma, pare che il parlamentare abbia voluto ritrattare la gran parte delle posizioni assunte in questi ultimi giorni. Ma continua ad estraniarsi da qualsiasi forma di responsabilità: “Io sapevo solo che vi erano stipendi arretrati”. E sulla autosospensione: “Mi sono autosospeso perché credo nei valori della dignità, per il rispetto della storia che mi porta qui, che è la storia di tanti”. Una storia, però, che sembra rivoltarsi contro ogni giorno che passa.
Matteo Milanesi, 24 novembre 2022