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Aeroporto di Milano e quella svolta ormai necessaria

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Sea è partecipata al 55 % dal comune di Milano e al 45% da F2i, il maggiore fondo infrastrutturale italiano, socio non solo finanziario ma industriale e di know how, visto che attraverso i suoi fondi è il principale gestore di aeroporti in Italia.

La società che gestisce il network di aeroporti milanesi (Linate, Malpensa e Orio) è storicamente ben gestita. Buona fu la reazione di Bonomi alla cancellazione di Malpensa come Hub di Alitalia, mossa che avrebbe ucciso anche un leone, e buona l’attuale gestione di Modiano. Il suo livello di management è considerato di buon livello, tecnico e indipendente dalla politica.

L’attuale consiglio di amministrazione scade con l’esercizio 2018 e con la nomina di un paio di giorni fa di Pietro Modiano come presidente di Banca Carige (cordata Malacalza) e la sua conseguente uscita dalla carica di presidente di Sea alla naturale scadenza, è arrivata l’occasione per dare alla società una governance adatta a gestire un operatore di questa caratura (i ricavi nel 2017 hanno sfiorato i 700 milioni).

L’attuale sistema di regole societarie non è esattamente quello più adatto a un operatore efficiente e che richiede rapide decisioni: attualmente non c’è un amministratore delegato, ma ogni decisione deve passare dal cda, in cui la maggioranza è nominata dal Comune di Milano. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, viene dal mondo delle imprese, ha sviluppato la sua conoscenza manageriale in Expo, e sa perfettamente che si tratta di una follia aziendale.

Per questo, intelligentemente, il Comune si sta orientando a individuare una figura nuova (per ora è alla ricerca di un direttore generale), che con l’uscita ad aprile di Modiano, potrebbe diventare amministratore delegato, e ha avviato un processo di mercato attraverso un cacciatore di teste: l’identikit è un esperto del sistema aeroportuale, un tecnico che abbia anche il livello giusto di relazioni per trattare con le compagnie aeree e attirare nuovi vettori, ragionando anche su come convogliare un traffico di qualità e non solo di quantità, e che abbia esperienza internazionale. Che i numeri di crescita degli aeroporti milanesi siano importanti è innegabile, ma è anche vero che è il settore nel suo insieme a crescere del 10%. Nel 2017 Sea ha fatto molto bene, è cresciuta del 7% nei ricavi e nel 9% nei passeggeri che hanno sfiorato i 32 milioni, con Malpensa che ha recuperato i volumi di dieci anni fa.

Non ci si può fermare, l’anno scorso Sea ha aperto il portafoglio e ha investito 85 milioni di euro; occorre cavalcare il buon momento di Milano con nuove idee. Aeroporti come Malpensa e Linate hanno bisogno di una gestione non pubblica ma manageriale: la competizione infrastrutturale si fa sulla qualità del servizio, che significa servizi a terra, nuove rotte, collegamenti. C’è grande aspettativa per una scelta di una figura professionale adeguata a questo ruolo. Per questo non si può non vedere con favore la scelta di Beppe Sala di un cacciatore di teste come Russell Reynolds capace di individuare la figura manageriale più adatta a dare il giusto impulso a uno snodo cruciale dell’economia lombarda e nazionale: per ora girano nomi più o meno interni, come Giulio De Metrio, Luciano Carbone e Armando Brunini, ma il cacciatore è ancora alla ricerca.

Certo poi guardiamo alla cronaca dal territorio con le richieste dei Comuni dell’area Malpensa di ottenere un posto in Cda, sentiamo circolare alcuni nomi che più che scelti da un cacciatore di teste sembrano scelti dalla «nuova politica» e allora un po’ ti spaventi.

Nicola Porro, Il Giornale 22 settembre 2018