Economia

Affitti brevi: così le regole hanno distrutto un mercato

Con Arbnb e simili erano nati migliaia di piccoli imprenditori. Ma lo Stato è intervenuto imponendo regole assurde

affitti brevi crisi mercato © grki e francepig tramite Canva.com

Negli scorsi anni, grazie al notevole successo di piattaforme come Airbnb et similia, in tutta Italia è nata una formidabile micro-imprenditoria degli affitti brevi. La signora anziana che vive di una non particolarmente ricca pensione ha iniziato ad affittare una camera; l’impiegato ha investito i risparmi per acquistare un bilocale da mettere a disposizione dei turisti; alcuni imprenditori hanno intuito che tanto la signora quanto l’impiegato potevano avere bisogno di qualcuno che lavasse le lenzuola, gestisse gli arrivi e si facesse carico della pulizia delle stanze.

Una società a forte vocazione turistica come la nostra ha quindi colto al volo alcuni cambiamenti in atto: connessi al diffondersi della telematica e alla mobilità di lavoratori e turisti. Anche persone che mai avevano gestito un’azienda hanno iniziato a ragionare su quale fosse il prezzo più adeguato da offrire, quali le migliorie da portare al proprio immobile, quali le principali esigenze del consumatore da saper soddisfare.

Sono emerse dal nulla, di conseguenza, migliaia di imprenditori di fatto, anche se nessuno di loro si sarebbe mai definito in tal modo. A un certo punto, però, l’apparato politico-burocratico s’è mosso, e anche stavolta i danni sono rilevanti. Un simile dinamismo imprenditoriale da parte dell’impiegato e dell’anziana signora non è piaciuto a tutti. Ad esempio, ha dato fastidio agli albergatori, che a questo punto dovevano fronteggiare la concorrenza di alta qualità: perché non è la stessa stare in una stanzetta di hotel di soli 12 metri quadrati invece che in un quadrilocale con doppi bagni e giardino. La lobby s’è mossa e nel corso degli anni i ministri hanno recepito il messaggio.

Oltre a ciò esiste un’ampia parte d’Italia che detesta la libera iniziativa e il profitto, la proprietà privata e la creatività del mercato. C’è un’ideologia della regolazione che accomuna la tecnostruttura di Stato e i grandi interessi concentrati che amano “catturare” i governanti, dettando a quanti normano la nostra vita sempre nuove leggi e inediti regolamenti. Conseguenza? Oggi gestire un affitto breve è triste quanto lavorare al catasto o all’anagrafe.

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Già prima che la ministra Daniela Santanchè si muovesse moltiplicando obblighi e regole (perché, visto da Roma, c’è sempre un qualche far-west da debellare…) le cose non erano molto allegre. In virtù di una norma fascista, che allora serviva a tenere sotto controllo gli oppositori (nei Paesi più civili, ovviamente, non esiste nulla di simile), chi ospita qualcuno deve segnalare la cosa alla questura, spedendo copia dei documenti d’identità entro 24 ore. Una follia? Sì: un ammasso di informazioni inutili per le caserme e una gran perdita di tempo per chi lavora. Il tutto, per giunta, sulla base di una presunzione di (potenziale) colpevolezza. Un’assurdità giuridica e uno spreco di energie.

Ora le incombenze si sono però assai moltiplicate, perché – ad esempio – a ogni ospite che rimane anche un paio di notti deve corrispondere un contratto e perché c’è ormai una mostruosa quantità di obblighi in capo al proprietario della stanza o dell’appartamento. Perché le case devono disporre di segnalatori di fumo, dispositivi anti-incendio e via dicendo.
Il risultato è che a molti gestori degli affitti brevi è passata la voglia di fare.

È un problema di tassazione e pizzo di Stato? In parte è quello, ma la regolazione pesa altrettanto. Perché in larga misura quello che uccide è proprio la grande quantità di imposizioni che stanno eliminando ogni spazio imprenditoriale e le più piccole libertà a quanti, spesso per la prima volta nella loro vita, avevano iniziato a ragionare entro le logiche di un’economia competitiva, al servizio del prossimo.

Come una decina d’anni fa il governo Monti ridusse ai minimi termini i porti turistici con l’imposizione fiscale, ora con la regolazione il governo Meloni sta massacrando le innumerevoli micro-aziende di fatto che erano sorte spontaneamente e al di fuori di ogni controllo burocratico. La cosa non può sorprenderci, dato che la realtà di questo Paese la conosciamo da tempo. E l’Italia, da tempo, non è certo un paese per imprenditori.

Carlo Lottieri, 2 luglio 2024

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