“Sul fenomeno degli affitti brevi e delle locazioni turistiche nelle città è preoccupante l’assenza di misure organiche da parte del governo in grado di limitare e circoscrivere una modalità di utilizzo del patrimonio immobiliare, conferendo poteri ai Comuni che oggi dispongono di pochissimi strumenti per una corretta regolamentazione su un uso virtuoso e tollerabile degli immobili”. Lo hanno scritto in un comunicato la Cgil e il Sunia, sindacato degli inquilini.
In sostanza, sindacati che hanno affossato l’affitto chiedendo e ottenendo dai governi Conte II e Draghi un blocco degli sfratti di quasi due anni – e cioè la disapplicazione per legge di sentenze esecutive ottenute dai proprietari di case, spesso dopo anni di attesa, spese, tasse e frustrazioni – si meravigliano che molti proprietari si siano allontanati dalle locazioni di lunga durata. E per risolvere il problema chiedono che siano i Comuni a stabilire, in luogo dei proprietari, quale sia – testuale – “un uso virtuoso e tollerabile degli immobili”.
Visto che si tratta di un pensiero che accomuna alcuni altri soggetti (vedi neo ed ex Sindaco di Firenze), proviamo a vedere – rivolgendoci a un proprietario di casa immaginario – come si tradurrebbe nella pratica questa sorta di socialismo reale del ventunesimo secolo.
1. Se hai una casa in centro a Firenze o a Venezia, devi darla in affitto per almeno otto anni a una famiglia di residenti nella città. Vietati gli affitti brevi a turisti.
2. Se non trovi una famiglia di residenti disponibile, perché in centro non ci vuole vivere più nessuno, affari tuoi: niente reddito, solo spese, ma l’Imu te la becchi lo stesso.
3. Il canone di locazione deve essere basso, diciamo “sociale”.
4. Se però, nonostante il canone basso, gli inquilini non ti pagano, te li devi te tenere ugualmente perché impediremo gli sfratti.
Due parole: follia dirigista!
Giorgio Spaziani Testa, 12 luglio 2024
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