Politica

Ahi ahi, condannato Bersani che insultò Vannacci

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Guai per Pier Luigi Bersani. La Procura di Ravenna, come peraltro previsto, ha ufficializzato il decreto penale di condanna contro l’esponente dem che durante la Festa dell’Unità dello scorso settembre definì il generale Roberto Vannacci un “coglione”. Secondo i pm, l’epiteto si configura come “diffamazione aggravata” e dunque va punito.

L’ex segretario del Pd deve adesso pagare una multa oppure impugnare la decisione della Procura. In questo caso, come appare probabile, avendolo annunciato lo stesso Bersani, la palla torna in mano ai pm che dovranno portarlo a processo. E poi sarà un giudice a decidere. “Così capiremo finalmente se qualcuno, magari con le stellette, può definire anormale un altro essere umano senza per questo insultarlo”, dice a caldo Pier Luigi.

Il caso ravennate è l’unica volta in cui Bersani ha poco educatamente definito il neo europarlamentare leghista, in odore di farsi un suo partito, come un “coglione”. “Io ho letto solo i sommari – disse alla Festa dell’Unità – Quando leggi quelle robe lì pensi: sciogliamo l’esercito, sciogliamo le istituzioni, facciamo un grandissimo bar, il bar Italia. Mi resta una domanda: se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile dare del coglione a un generale?”. L’esponente dem tornò sul tema anche durante una puntata di Otto e Mezzo con Lilli Gruber.

Il paradosso, se vogliamo, è che al momento, mentre mezzo mondo querelava Vannacci o lo criticava per le frasi scritte nel Mondo al Contrario, al momento l’unico ad aver ricevuto un decreto penale di condanna è chi ha insultato il generale. L’Eurodeputato leghista, infatti, è stato assolto dal tribunale militare dalle accuse di peculato e truffa in merito ai suoi anni passati all’ambasciata di Mosca. Idem con patate per le accuse di istigazione all’odio razziale e a disobbedire alle leggi o a commettere reati. Lo stesso dicasi per la querela presentata da Paola Egonu per quella frase sui tratti somatici della campionessa olimpica, frasi che secondo il giudice sarebbero state “inopportune ma non denigranti”.

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