Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno portato il centrodestra al primato numerico. Ciò che manca è il primato politico. Il centrodestra è alla guida di 15 regioni. Il Pd ne amministra 5, mentre il M5s, che è il primo partito in Parlamento, non governa regione alcuna. È fin troppo evidente che ci troviamo davanti ad un’anomalia. Ad una coalizione numericamente forte non corrisponde il governo del Paese, mentre un’alleanza sgangherata come quella tra Pd e grillini ha in mano il potere in un Paese in decadenza. L’anomalia, a costo di fare arrabbiare Daniele Capezzone, ha un nome preciso: moderazione. E, tuttavia, è bene intendersi.
Il limite della politica
È stato osservato che il leader della Lega, in quest’ultimo giro di giostra, ha vestito i panni del leader moderato usando toni più pacati. Non ha bussato al citofono di nessuno e ha dato una lettura amministrativa del voto. Ma essere moderato non significa parlare a bassa voce e nemmeno essere educato. Non è questione di galateo, anche se la diplomazia è un’arte non secondaria della politica, come dimostra lo stesso Pd che perde ma governa proprio grazie alla diplomazia. Essere moderato significa riconoscere il limite della politica che per sua natura non può tutto e ciò che può e che deve consiste soprattutto nel garantire la libertà di azione dei singoli che sono e restano gli artefici delle proprie vite ed imprese. Se si rispetta questo limite si acquista credibilità, ci si candida con autorevolezza a governare il Paese e, ciò che conta, gli elettori riconoscono la credibilità.
Rispettare il limite della politica vuol dire parlare con chiarezza, non giocare con le illusioni, non trattare gli elettori come bambini, dire con franchezza cosa si può fare e cosa non può essere fatto. È chiaro che il rispetto del limite va d’accordo con il rigore, la fermezza, la decisione che son tutte virtù – in senso più fiorentino che cristiano – che si fa fatica a definire moderate. Ecco perché la evocazione fatta da Capezzone della bella figura di Clint Eastwood è calzante e suggestiva, sia pure al netto della finzione cinematografica.
Guida moderata
Il primato politico del centrodestra, dunque, si gioca su questo terreno. I valori politici di riferimento non possono essere che liberali e popolari: libertà individuale, lo Stato come garanzia di sicurezza senza prevaricare sulle libertà civili, mercato, impresa, defiscalizzazione, conti in ordine, riconoscimento pieno dell’Europa pur mantenendo viva una critica per non trasformare le istituzioni in sepolcri imbiancati. Una guida moderata del centrodestra o, meglio, una solida identità liberale è una questione che riguarda da vicino sia Salvini sia la Meloni. Entrambi si devono interrogare su questo limite ossia il limite oltre il quale loro stessi non vanno e il limite che devono riconoscere d’intesa con gli italiani al potere politico e statale.
Dunque, devono cedere la guida della coalizione a Forza Italia? Non è questo il punto. In politica non ci sono regali ma conquiste. Piuttosto, devono porsi in prima persona il problema politico esposto che non è una astratta teoria ma una concreta esigenza della lotta quotidiana che ogni giorno affrontano. Se non lo faranno continueranno a portare sulle loro stesse persone la contraddizione tra i numeri e la politica.
Giancristiano Desiderio, 22 settembre 2020