Ma cosa volete da Matteo Salvini e Giorgia Meloni? Uno ha preso un partito al 4%, in crisi politica e di identità, e lo ha portato stabilmente al 25-26% nazionale, l’altra ha inventato una forza politica portandola in pochi anni al 15-16%, oltre i traguardi elettorali della vecchia Alleanza Nazionale. Insieme, rappresentano un’area superiore al 40% e governano (con Fi) in 15 regioni su 20.
Differenziare offerta
A fare gli incontentabili, si potrebbe osservare (ma non sono mica cose che si costruiscono a tavolino) che sarebbe loro interesse differenziare un po’ le rispettive offerte politiche, ad esempio recuperando (Lega) un più forte accento nordista-autonomista e rilanciando (Fdi) la capacità di An di pesare al Sud. Al contrario, la sensazione è che ormai, politologicamente parlando, Lega e Fdi siano due partiti catch-all, capaci di prendere voti in tante direzioni, e non così evidentemente differenti tra loro, con ciò alimentando il “rischio” di un voto per tanti versi confinante e perfino intercambiabile.
Questione non piccola da risolvere, che certamente può alimentare una competizione anche spigolosa: ma in ogni caso si tratta di due partiti forti, in salute, destinati a durare e a consolidarsi ulteriormente.
Manca il terzo tassello
Non si può rimproverare a loro ciò che altri avrebbero dovuto fare e curare, e cioè predisporre un altro pezzo di offerta politica nel centrodestra, che di tutta evidenza Forza Italia non è in grado di soddisfare.
Il punto, infatti, non è la necessità di una componente “moderata” (aggettivo che non sembra voler dire moltissimo), e meno che mai di qualcuno che auspichi a destra cedimenti eurolirici. Al contrario, servirebbe una componente combattiva, conservatrice e libertaria, euroscettica in nome del mercato, orientata alla battaglia senza quartiere pro-impresa e anti tasse, vocata alla difesa dell’individuo contro le prepotenze statali e burocratiche. Capace di fare di questi temi non l’ultimo punto in ordine di importanza nel proprio menu politico, ma la prima e quasi ossessiva priorità.
Con una battuta, si potrebbe dire che manca “Clint Eastwood”: manca un pezzo di destra che anteponga la libertà ad altri valori, che si rivolga ad elettori – come gli altri dell’attuale centrodestra – radicalmente antisinistra, e tuttavia inquieti per la sorte della libertà nel nostro tempo, sempre più spesso sacrificata e sacrificabile in nome dell’emergenza.
Partito unico?
Si pensi alla vicenda Covid, nella quale (anche per ragioni comprensibilissime, a partire dal timore di una ingiusta criminalizzazione morale) l’opposizione italiana è stata fin troppo condiscendente verso la gestione opaca di Conte e del suo lockdown ammazza-economia.
Come si fa? Come si dà corpo a questa sensibilità accanto alle attuali forze di centrodestra? Forse è troppo banale pensare a una terza lista, oltre a una Fi la cui performance è inevitabilmente incerta in futuro. Può darsi – seconda ipotesi – che di questa esigenza politica si facciano carico Salvini e Meloni, valorizzando alcune aree culturali, dando cittadinanza e visibilità ad alcune battaglie, rivedendo il paniere della loro offerta politica.
Esisterebbe anche una terza ipotesi, ad avviso di chi scrive la migliore in assoluto. Anche se, con realismo, so che è sgradita a quasi tutti, vuoi per il legittimo orgoglio delle forze oggi esistenti, vuoi per le sciagurate sirene proporzionaliste il cui canto affascina larga parte dell’emiciclo parlamentare. Si tratterebbe – contro tutto questo – di riconcepire tutta l’offerta politica di centrodestra, puntare su un partito repubblicano sul modello Usa (in cui tante culture e sensibilità si sentano a casa propria), portando la competizione politica e la coesistenza di spinte anche diverse sotto un’unica immensa tenda, e facendo sapere a tutta la mezza Italia (ben più di mezza) non comunista, non di sinistra, non tassatrice, non burocratica, che quello è il campo di riferimento.
Sono solo appunti per una riflessione costruttiva. Salvini, Meloni e i loro elettori non diano retta alle prefiche interessate che, sui giornali di oggi, si vestono a lutto per un inesistente funerale del centrodestra. Paradosso curioso: siccome stavolta il Pd ha perso meno di altre volte, c’è anche chi lo presenta come il vincitore della partita. Giravolta surreale. Ciò detto, però, i leader dell’attuale centrodestra e chi si sente loro vicino non sottovaluti il problema: manca qualcosa, e non si può far finta di nulla.
Daniele Capezzone, 22 settembre 2020