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E se Mosca fosse in difficoltà? E se qualcuno al Cremlino avesse deciso di tirare il freno a mano, vuoi per sedersi a un tavolo di pace vuoi per necessità militari? Secondo Alberto Negri, qualcosa negli ultimi giorni è cambiato nella guerra in Ucraina. “L’escalation rimane – ha detto ieri sera a Piazzapulita su La7 – Draghi è andato negli Usa nel giorno in cui Biden ha varato un pacchetto di aiuti da 40 miliardi. È la pressione mantenuta da americani e inglesi sul conflitto”. Però, però “si è capito anche bene che al Cremlino forse hanno iniziato a tirare il freno a mano”.
Si è visto il 9 maggio, quando Putin non ha fatto “annunci prorompenti” e mancavano alcuni generali di peso. “Il problema è che i russi denunciano delle gravi carenze dal punto di vista militare e organizzativo, che gli stanno facendo pensare di utilizzare uomini dislocati in Libia e in Siria. E forse c’è una diplomazia segreta che noi non conosciamo secondo cui i russi potrebbero fermarsi qui. Perché più avanti non vanno”. In fondo ieri il presidente americano ha fatto sapere che l’intelligence Usa è rimasta “sorpresa da quanta incompetenza” hanno dimostrato le forze militari russe. “Li abbiamo sopravvalutati”. Sarà così?
Intanto i combattimenti proseguono. Gli Ucraini stanno lentamente riconquistando Kharkiv, la seconda città ucraina, il che sarebbe uno smacco per lo zar, così come lo sarebbe la conferma dell’ennesima nave affondata. All’Azovstal i miliziani dell’Azov sono ancora asserragliati, ma sulla loro sorte anche Kiev si dice scettica: cercare di salvarli con un blitz, fanno sapere del governo ucraino, costerebbe troppe vite. Una missione in stile “salvate il soldato Ryan” potrebbe avere effetti disastrosi. Si cerca la via diplomatica, magari uno scambio di prigionieri e forse con la partecipazione di un Paese terzo. Ma è ancora presto per dirlo.