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Al Quirinale serve il Var

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Mentre il sole inizia a splendere su Berlusconi, riabilitato e candidabile, nuvole minacciose si addensano sul Quirinale. E visto che a Sergio Mattarella piacciono le metafore calcistiche, applichiamo anche a lui la moderna “Var”, visto che per giustificarsi sulla gestione di questa pazza crisi e sulla scelta dei Ministri si è richiamato ieri a Luigi Einaudi.

Rivediamo quindi i fotogrammi di questi 80 giorni iniziati ancor prima del voto, quando il Segretario generale, Ugo Zampetti, ha ricevuto una lunga lista di probabili ministri, consegnatagli da uno dei candidati Premier, Luigi Di Maio, suo pupillo. A che titolo? Primo cartellino giallo.

Veniamo al dopo elezioni. Sono trascorse settimane per arrivare a due azzardi: i due ‘finti’ mandati esplorativi, a Casellati e Fico, non solo con indicazioni precise sulle possibili maggioranze da sondare ma, addirittura, a tempo, quasi fossero contratti co.co.co. Con il risultato che i due esploratori, non certo per colpa loro e con il fiato sul collo, non solo non hanno raggiunto alcun risultato, ma hanno finito per rimarcare le differenze. Seconda ammonizione.

Finita l’esplorazione, così come aveva correttamente fatto Napolitano nel 2013 con il precedente di Pier Luigi Bersani, bisognava affidare un incarico con riserva magari ad uno dei vincitori, Luigi Di Maio o Matteo Salvini. Uno di loro avrebbe dovuto verificare la possibilità di conquistare una maggioranza parlamentare, andando a trovare i voti mancanti. Invece è spuntata l’astrusa idea di un “governo neutrale”, guida verso nuove elezioni, magari diretto dallo stesso Segretario generale del Quirinale, con il centralino della Presidenza della Repubblica impegnato a chiedere disponibilità per incarichi di governo alle personalità più disparate dell’economia, della cultura e del diritto. I cortesi e categorici dinieghi erano prevedibili.

Un inutile governo dei poteri forti, anch’esso a tempo, che con il cambio della guardia della prima linea dei Ministeri, per via dello spoil system, sarebbe costato qualcosa come 300 milioni di euro. Il tutto per pochi mesi, in cui allora converrebbe che rimanesse il Conte Gentiloni a disbrigare gli affari correnti, visto che la legislatura non è neppure iniziata.

Alla minaccia di una nuova consultazione elettorale, poi, è seguita una incredibile partitella, giocata al di fuori dello stadio del Quirinale, fatta di telefonate e messaggi WhatsApp in cui i due capitani del momento hanno comunicato che forse avevano trovato un accordo, ma senza intesa sul Premier.

Ed allora l’arbitro Mattarella, con un precedente davvero singolare, ha deciso di entrare negli spogliatoi ed indicare i nomi dei giocatori che devono andare in campo, magari perché graditi all’UEFA.

E qui scatta il cartellino rosso che neanche Einaudi potrebbe evitare. Ma adesso che succede alla luce delle novità arrivate dal Tribunale di sorveglianza di Milano, visto che l’ultimatum dato a Salvini e Di Maio scade stanotte? Un altro giro di campo?

E gli stessi Salvini e Di Maio, con i loro 17 milioni di voti, come possono accettare a questo punto che Mattarella imponga loro il nome del Presidente del Consiglio? E ancora il Capo dello Stato si piegherà ad accettare un governo sottoposto ai capricci degli iscritti alla piattaforma Rousseau del Signor Davide Casaleggio magari prima che al vaglio del Quirinale e del Parlamento?

Luigi Einaudi sicuramente si rivolterebbe nella tomba e la UEFA a quel punto ci espellerebbe da tutti i campionati.

Luigi Bisignani, Il Tempo 13 maggio 2018

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