È prossimo il secondo giro di consultazioni. A titolo di puro divertissement proviamo a metterci nei panni dei quattro uomini chiave della partita, sapendo che c’è un quinto giocatore, il Convitato di pietra, l’establishment. Questi in termini elettorali non vale nulla (appena il 2,55%) ma è il padrone del palazzo, del tavolo da gioco, del mazzo di carte. E le carte le dà lui.
1) Silvio Berlusconi. Ha sbagliato le due prime mosse, ma si è ripreso alla grande. Ha capito che deve liberarsi del suo cerchio magico, paurosamente invecchiato. Forza Italia non è più un partito, è un asset tendente a un gadget, ormai con un unico potenziale compratore, Matteo Salvini. Fi valeva se con il Pd avevano i seggi per fare il Partito della Nazione e il Governo, soluzione gradita al Convitato di pietra. Gli avevano persino rinfrescato l’immagine a livello europeo. Il fallimento elettorale suo e di Matteo Renzi l’hanno cancellato da ogni schema di gioco.
2) Matteo Renzi. Tutti se ne liberebbero volentieri, ma che piaccia o meno il Pd è ancora lui. Confuso, anoressico, imbarazzante, il Pd è fondamentale nel disegno del Convitato di pietra di supportare (cooptandolo) il M5S a gestire il potere. E lui è l’unico credibile per questa operazione. Se accetta di svolgere questo ruolo da follower, mascherato da senatore di Scandicci, al prossimo giro potrebbero ricompensarlo. Certo non più con la magistratura suprema, ma con paillettes et cotillon sì.
3) Matteo Salvini. Non ne ha sbagliata una. Il Centrodestra ormai è suo e lui tratterà Berlusconi con il rispetto che merita (stesso protocollo usato da Berlusconi con Umberto Bossi). Deve arrivare alle elezione europee del 2019 possibilmente all’opposizione, per tentare di fare il pieno, e diventare il podestà del Nord e riferimento del Sud.
4) Luigi Di Maio. Per colpa di un paio di errori (di gioventù) si è infilato in un cul de sac, del quale è ormai prigioniero: andato per gabbare è stato gabbato. Salvini ha vinto, Renzi e lo stesso Berlusconi ne sono usciti ammaccati ma salvi, lui, arrivato a pochi centimetri dal potere supremo, potrebbe aver perso l’occasione della vita. E il M5S non perdona: sul web “l’effetto gregge” (nei due sensi) incombe per tutti.
5) Convitato di pietra. È stato imbarazzante: ha dovuto palesarsi. Non lo faceva dal 1948. L’ha fatto perché c’è un pericolo mortale che aleggia sull’Europa, quelle maledette elezioni del 2019. I popoli voteranno, e lo faranno con l’altrettanto maledetto sistema proporzionale puro, l’unico che fotografa, ad altissima risoluzione, il giudizio sul passato e i sogni sul futuro. A quello non si sfugge. (Apro una parentesi. Angela Merkel ed Emmanuel Macron vogliono cambiare l’Europa? Stiano tranquilli, si riposino pure, ci penseranno i cittadini a cambiarla, nel 2019, nell’ombra dell’urna. Chiudo la parentesi)
Nel frattempo, in Italia la strategia è obbligata: cooptare i vertici dei pentastellati e costruire una “grosse koalition” con “tutti dentro”, salvo l’odiato Matteo Salvini. Purtroppo, il suo faccione cresce, cresce, rassomiglia sempre più sia a quello di Donald Trump, sia a quello di Vladimir Putin. Non è strutturalmente cooptabile, ha accanto un genio assoluto della politica (è pure un bocconiano, pensa te) che però ama restare sulla linea d’ombra: Giancarlo Giorgetti. Due incorruttibili all’opposizione: un disastro, cosmico.
Lo ripeto, è solo un divertissement di un perdinotte.
Riccardo Ruggeri, 10 aprile 2018