Politica

Albania, governo senza poteri. Siamo un Paese fondato sulle toghe

La magistratura nega il trattenimento dei clandestini nel centro albanese. Meloni: “Non spetta a loro decidere”

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La domanda che occorre porsi è: a chi tocca impostare le politiche migratorie? A chi spetta decidere chi può varcare i confini dello Stato, pur rispettando tutti i diritti dell’uomo di questo mondo? La risposta logica sarebbe: allo Stato, cioè al governo, che se ci sono due cose di cui dovrebbe occuparsi – invece di tartassare il cittadino con la burocrazia – sono proprio la gestione delle frontiere e la sicurezza interna. Due compiti che, da oggi, ma forse già anche da ieri, gli sono resi impossibili da una larga fetta di magistratura (nazionale e non) che applica la giurisprudenza e interpreta le norme con il cipiglio di chi desidera quando possibile darla vinta a chi cerca di entrare illegalmente in Italia.

La sentenza del Tribunale di Roma, che ha negato il trattenimento nei centri in Albania ai 12 migranti portati lì dalla marina militare, è solo l’ultimo di tanti esempi. Le norme ideate dal ministro Piantedosi, che prevedono una analisi rapida (4 settimane) delle domande di asilo per i migranti che arrivano da Paesi sicuri, si sono sin da subito scontrate con l’opposizione nei Tribunali di mezza penisola. Un’opposizione non solo giuridica, ma anche ideologica. Lo ricordate quel convegno di Magistratura Democratica a Napoli dove i pm accorsi non nascondevano di non voler applicare il protocollo firmato da Giorgia Meloni ed Edi Rama? Era il novembre del 2023. Le telecamere di Quarta Repubblica registrarono un clima tutt’altro che compiacente. Gloria Senseverino disse: “Non voglio parlare di Guantanamo, ma di un fenomeno incontrollabile per le garanzie e la dignità umana”. Giuseppe Salmé aggiunse: “I rifugiati non sono merce da stoccare dove si vuole. Sono persone che hanno i loro diritti. E possono accettare di essere ospitati in un Paese diverso da quello italiano solo se hanno dei legami affettivi”. Per non parlare poi del famoso “caso Apostolico”. E di altre toghe che sin dalla firma del patto con l’Albania ne criticarono sui giornali i presupposti

L’odierno provvedimento riguarda i 12 migranti portati dalla nave Libra a Gjader. Il questore di Roma aveva disposto il loro trattenimento vista la provenienza da un paese “sicuro” così da permettere la rapida analisi delle domande di asilo, ma i giudici non lo hanno convalidato. E poco importa se nel frattempo la Commissione ha negato loro il permesso di soggiorno: non potendo lasciarli liberi di circolare in Albania, per via degli accordi con Tirana, dovranno essere riportati nel Belpaese ed essere accolti in un centro profughi da cui potranno fare ricorso per ottenere la protezione internazionale. Da un punto di vista logico, non ha senso: sei entrato clandestinamente, abbiamo valutato che non hai diritto all’asilo, ma non possiamo trattenerti in Albania e dobbiamo pure ospitarti in Italia. E intanto paga comunque Pantalone.

“I due Paesi da cui provengono i migranti, Bangladesh ed Egitto, non sono sicuri anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia europea”, scrivono le toghe del Tribunale di Roma. In sostanza: poiché sia in Egitto che in Bangladesh vi sono piccole zone di territorio non perfettamente sicure per tutte le categorie di individui, l’intero Paese non può essere ritenuto tale. Una follia che se venisse applicata al Belpaese, visti i noti problemi in certe aree, renderebbe “non sicura” per i migranti neppure l’Italia. E che di fatto impedirà qualsiasi rimpatrio, non esistendo – sulla carta – alcuno Stato sicuro per tutt* e tutt*. Ma tant’è.

Ha ragione Meloni: è difficile, se non impossibile, provare a mettere una pezza agli sbarchi clandestini se ogni volta spunta un giudice pronto a smantellare i decreti del governo. Accade con le Ong. È successo col decreto Cutro, con le riammissioni lungo la rotta balcanica. E di nuovo oggi con i centri in Albania.

Verrebbe voglia di mollare la presa. E di darla vinta a quelli che “apriamo i porti” a tutti, magari per veder crescere pure in Italia una Afd in stile Germania che costringa un giorno il Pd, così come Scholz, a cambiare idea sulle politiche migratorie. Invece il ministro Piantedosi annuncia ricorso in appello. E Meloni convoca un Cdm per approvare leggi che permettano di aggirare l’ostacolo giudiziario. “Non spetta alla magistratura dire quali sono mi Paesi sicuri ma al governo”, dice Meloni. Ma è davvero così?

Giuseppe De Lorenzo, 18 ottobre 2024

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