Albania, i giudici se ne infischiano del decreto. I migranti tornano in Italia

La sezione immigrazione del Tribunale di Roma sospende il giudizio sulla convalida del trattenimento. Tutto rinviato alla Corte Ue

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Meloni centro migranti Albania

Stessa storia, stesso posto, stesso risultato. I 7 migranti che l’Italia aveva portato in Albania nell’ottica dell’accorto siglato da Giorgia Meloni e Edi Rama devono tornare nel Belpaese. I giudici del tribunale per l’immigrazione di Roma, come anticipato di fatto nei giorni scorsi, hanno sospeso la convalida del provvedimento di trattenimento e rimandato la palla nel campo della Corte di Giustizia Ue. Senza convalida, i migranti non possono restare in Albania dunque presto torneranno a Brindisi per essere accolti nei centri italiani.

Il caso è simile, se non identico, ai primi 12 migranti portati dalla nave Libra nel centro di Gjader. Nel mezzo c’è stato il decreto con cui il governo aveva elevato a norma primaria la lista di “Paesi Sicuri” a cui applicare la procedura accelerata alla frontiera. Come già richiesto dal Tribunale di Bologna (ed altri: Catania, Roma), sarà dunque la Corte di Giustizia dell’Ue a decidere se la sua sentenza del 4 ottobre debba essere applicata anche ai casi italiani, ovvero se i Paesi terzi non possono essere ritenuti “sicuri” tout court se vi sono categorie di persone per cui non lo sarebbe l’intero territorio.

“Deve evidenziarsi – si legge in una nota del tribunale di Roma firmata dalla presidente della sezione immigrazione, Luciana Sangiovanni – che i criteri per la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro sono stabiliti dal diritto dell’Unione europea. Pertanto, ferme le prerogative del legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre e in concreto – come in qualunque altro settore dell’ordinamento – la corretta applicazione del diritto dell’Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana”.

I giudici ci tengono a far sapere “che la designazione di Paese di origine sicuro è rilevante solo per l’individuazione delle procedure da applicare”, cioè se quella “accelerata” alla frontiera o quella standard (che però dura mesi, mentre i migranti irregolari sono liberi di circolare per l’Italia). “L’esclusione di uno Stato dal novero dei Paesi di origine sicuri – si legge nella nota – non impedisce il rimpatrio e/o l’espulsione della persona migrante la cui domanda di asilo sia stata respinta o che comunque sia priva dei requisiti di legge per restare in Italia”. Vero. Peccato che nel frattempo non possano essere trattenuti nei centri in Albania che, per volere di un governo votato dai cittadini, erano stati costruiti proprio per fungere da deterrente alle partenze.

Ieri anche Silvia Albano aveva ribadito le sue tesi, anche se oggi non era di turno e dunque non ci sono decreti firmati a suo nome sui sette migranti odierni. Scontate le proteste del centrodestra. Per Salvini si tratta di “un’altra sentenza politica contro gli italiani”, mentre Antonio Tajani ribadisce che alcuni guidici “vogliono imporre la linea al governo”.

Articolo in aggiornamento

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