L’ex giudice della Corte Penale Internazionale, Cuno Tarfusser, analizza il decreto firmato da Silvia Albano sui migranti in Albania. E lo fa in punto di diritto, dunque senza entrare nel dibattito-scontro tra politica e magistratura. Ha fatto bene, la giudice, ad annullare il trattenimento degli immigrati nei due centri albanesi? Ha interpretato correttamente la sentenza della Corte di Giustizia europea? Secondo Tarfusser, no.
“Io credo che il decreto che non convalida il provvedimento che invia i migranti in Albania sia tecnicamente sbagliato”, spiega a Quarta Repubblica intervistato da Nicola Porro. L’ex giudice ha letto sia la sentenza della Corte Ue, sia il decreto firmato dalla Albano. È vero che la sentenza era vincolante? Sì, ma solo il dispositivo. Non la spiegazione. “Il dispositivo dice che un Paese membro, in questo caso l’Italia, non può frazionare il Paese terzo indicando una parte di questo sicura e un’altra non sicura”. Insomma: “Non c’entra niente con il Bangladesh e con l’Egitto, perché la sentenza della Corte di giustizia europea riguarda il caso sollevato dalla Repubblica Ceca rispetto alla Moldova che è stata definita in parte sicura e in parte, la Transnistria, insicura. E la Corte ha detto che non si può fare questa distinzione”. Secondo Tarfusser siamo “fuori” dal caso egiziano o bengalese, dove il problema riguarda un presupposto “soggettivo” e non “geografico”: l’Italia infatti ha definito i due Paesi sicuri, ma con l’eccezione di alcune categorie (tipo gli appartenenti alla comunità Lgbt). “Credo che non convalidare il trattenimento sia completamente sbagliato – conclude Tarfusser – Il richiamo a quella sentenza è completamente sbagliato. E che i provvedimenti (di trattenimento in Albania, ndr) andavano accolti, sia che uno sia d’accordo dal punto di vista culturale, sia che non sia d’accordo”.
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