Una cosa è speculare sulla presunta pazzia di Vladimir Putin. Un’altra e provare a capire cosa abbia in testa, geo-politicamente parlando, il presidente della Federazione Russa. Alessandro Orsini, studioso “censurato” dalla Luiss e critico nei confronti della Nato, ha provato a delineare obiettivi e possibili vie d’uscita da questa invasione.
Secondo Orsini la vera forza militare russa deve ancora venire. “La narrativa occidentale dice che Mosca è in difficoltà nella sua offensiva”, spiega in una intervista a Libero, ma “per me non sta ancora facendo sul serio”. “Poi sui giornali vedi solo foto e reportage di ucraini morti e città assediate – aggiunge – Io credo che Putin stia ancora combattendo con le mani dietro la schiena. Siccome vuole occupare tutta l’Ucraina, tende a inimicarsi il meno possibile la popolazione civile, altrimenti avrebbe iniziato a bombardare a tappeto le città. Sottovalutiamo la capacità militare e l’orgoglio nazionale russo”. Certo ci sono le proteste a Mosca, l’economia in difficoltà a causa delle sanzioni, i “traditori” – così li ha chiamati lo Zar – che hanno preferito le ville di Miami alla “madre Russia”. Ma Putin secondo Orsini cercherà di concludere questa “operazione speciale”. In un modo o nell’altro. “È plausibile che voglia tenere per sé il Donbass e la parte meridionale dell’Ucraina, quella che dà sul mare. Salvo imprevisti, cercherà di liberarsi di Zelensky per insediare a Kiev un governo amico”
Ma cosa c’è nella testa dello Zar? “C’era l’idea che l’Ucraina fosse già nella Nato – dice Orsini – Kiev ha offerto il proprio territorio alla Nato per condurre decine di esercitazioni militari. Non faceva parte della Nato, ma aveva un piede nell’Alleanza e l’Alleanza aveva un piede in Ucraina”. Non solo. L’Occidente avrebbe “snobbato i segnali” di Mosca e che se guardassimo “a quanto si è espansa la Nato negli ultimi venti anni”, allora la prospettiva cambierebbe. “Non bisogna commettere l’errore di applicare le categorie della politica interna alla politica internazionale – insiste – Tutte le grandi potenze proibiscono ai Paesi confinanti, laddove possibile, di avere politiche estere pericolose per la loro sicurezza nazionale. Se lo facciamo noi occidentali, ci piace, se lo fanno gli altri no”.