Dieci anni dopo tornammo alla casella di partenza. Ecco Matteo Renzi, un chiacchierone focalizzato su se stesso, che non capì come l’Alitalia fosse invendibile: chi se non un idiota compra un’azienda quando può acquisirne gli asset dal fallimento? Il presupposto strategico era sempre lo stesso: prima il venditore deve ristrutturala. Arrivò poi Paolo Gentiloni, questi, seguendo il suo languore, la inciprierà, le fornirà via via “cassa”, attraverso prestiti statali sapendo, lui e i suoi compari europei, che non sarebbero mai stati rimborsati. Fingerà di fare trattative, di costruire ridicole cordate, e intanto Alitalia “brucerà cassa”, serenamente. Questo scrivevo tre anni fa. Alitalia ormai era un’azienda strutturata non per volare ma per bruciare cassa per foraggiare establishment romano.
Ed eccoci al 2018, il “governo del cambiamento” del Trio Conte-Di Maio-Salvini. Sull’Alitalia ripetono le solite banalità idiote che ascoltiamo da anni. Neppure questi sanno prendere l’unica decisione seria: mentre chiudono i porti, chiudere le piste per l’Alitalia. Poi arrivano i giallo-rossi con l’alto compito di salvarci dal fascismo incombente. Nei ritagli di tempo Giuseppe Conte e Stefano Patuanelli si piazzano in cabina di pilotaggio e decidono il piano di volo Alitalia: l’IRI dei boiardi, cioè fascismo in purezza. Getto la spugna, solo scrivere di Alitalia c’è da vergognarsi.
Riccardo Ruggeri, 30 novembre 2019