Alitalia, l’Europa fa la pilota ma non ha la patente

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Sul fatto che Alitalia abbia bruciato miliardi di euro di quattrini provenienti dai contribuenti italiani ci sono pochi dubbi. È scritto nei bilanci di quella che una volta era la compagnia di bandiera, nelle ricapitalizzazioni e nei vari prestiti ponte. Eufemismo, quest’ultimo, per definire prestiti che non verranno mai restituiti. Oggi ci troviamo di fronte all’ennesimo prestito (900 milioni) consumato da un’Alitalia che di fatto è morta. E alla nascita di una nuova compagnia aerea (Ita) che ne dovrebbe prendere il posto, si spera non l’eredità. Al vertice della nuova azienda ci sono due manager davvero tosti, Fabio Lazzerini che viene dal mercato aereo, e Alfredo Altavilla, già braccio destro di Marchionne. Sulla carta difficile trovare di meglio. Hanno ottenuto, dopo “aver fatto a sportellate con l’Europa” (come ha confessato Lazzerini), un magro bottino: una cinquantina di aerei che possono ottenere dalla vecchia Alitalia, un bel po’ delle sue rotte (e questo vale) e meno di tremila dipendenti (e sui loro contratti c’è già fermento). Lo Stato italiano rimette mano al portafoglio e tira fuori 1,35 miliardi. La commissione europea da una parte condanna l’Italia per l’ultimo prestito da 900 milioni non restituito, dall’altra autorizza la ricapitalizzazione per 1,35 miliardi poiché il piano industriale presentato sembra di mercato.

Pessimisti, molti, e ottimisti, pochi, sul futuro della nuova creatura si scontrano con i consueti argomenti. La realtà è che dovremmo essere tutti invece d’accordo nel considerare i commissari europei come dei piloti senza patente. La commissaria alla concorrenza (Vestager) che ha gestito il dossier ha imposto condizioni capestro. Ita non ha il marchio Alitalia che dovrà essere messo all’asta, alla quale potrà partecipare anche Ita stessa. Essa dovrebbe partire con i suoi voli il 15 ottobre e non si capisce bene se per quel giorno Altavilla e Lazzerini avranno le livree degli aeroplani con il nome giusto. Il programma di fedeltà mille miglia non potrà rimanere in capo alla nuova compagnia. Chissà poi perché. Sono stati tagliati alcuni slot, per alimentare la concorrenza e chiuso la possibilità, ab origine, di gestire liberamente handling e manutenzione.

Il principio folle di Bruxelles è il seguente: lo Stato ti può dare 1,35 miliardi e tu devi dimostrare di sapercela fare da solo, ma ti mettiamo tanti di quegli ostacoli, da farti cadere al primo inciampo. Ma che logica è? Ieri Enrico Zanetti, fiscalista ed ex parlamentare, ha fatto una considerazione molto polemica e condivisibile: “É strano che la commissaria Vestager sia ancora là dopo aver sbagliato clamorosamente la decisione sul salvataggio Tercas (venendo sconfessata anni dopo dalla Corte di Giustizia Ue a fronte del ricorso italiano), creando altresì il presupposto per l’impossibilità del salvataggio delle quattro banche nel 2015 e tenendo un atteggiamento dilatorio inqualificabile nella vicenda immediatamente successiva delle banche venete nel 2016, Se avesse combinato questi casini alla Germania non le avrebbero più nemmeno consentito di avvicinarsi a Bruxelles”. Nel caso a cui si riferisce l’ex uomo di governo, la commissaria negò il privatissimo intervento di ricapitalizzazione previsto dal Fondo interbancario, perché lo ritenne aiuto di Stato. Una follia che hanno pagato caro anche i risparmiatori.

La morale è che anche questa volta la commissione rischia di entrare a gamba tesa contro un’operazione di salvataggio. Che alla fine più che non fare gli interessi italiani, asseconda interessi internazionali.

Nicola Porro, Il Giornale 11 settembre 2021

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