Non pensavo che il Covid americano fosse diverso da quello italiano, e molto meno infettivo, anzi quasi benevolo. Sì perché il sinistrato medio va in visibilio per le manifestazioni di oltreoceano che, oltre a prevedere manganellate ai poliziotti e alla gente comune, incendi di palazzi ed espropri proletari a Vuitton, conducono ad assembramenti in cui il virus potrebbe dilagare. Però se qualcuno organizza manifestazioni civili, tranquille, in cui non girano energumeni antifa con spranghe e fucili ma brave persone, tutte con mascherina e distanti, tranne qualche piccola calca inevitabile, allora la sinistra grida agli untori. Proprio come uno degli esponenti più ridicoli della sinistra, l’ex manager delle giunte berlusconiane Sala, che vuole far arrestare i manifestanti ma elogia gli antifa devastatori americani.
Ci riferiamo ovviamente alle manifestazioni del 2 giugno organizzate dal centrodestra in cento piazze italiane: io ero in quella romana e posso testimoniarlo in prima persona. Eppure le iniziative erano ancora in corso che è partita, soprattutto dalle macchine produci bot di Pd e 5 stelle, una canea sguaiata, con l’immancabile augurio a tutti noi presenti di morire di covid: ma poi hanno dato man forte agli odiatori dei social persino qualche dirigente pentapiddino e i giornaloni contian-mattarelliani.
Per quanto organizzate con il freno a mano tirato, le manifestazioni del 2 giugno proprio non sono state tollerate dalla sinistra, tanto che Repubblica, nuova per molti aspetti ma pur sempre attratta del richiamo della foresta, vi ha intavolato una serie di pezzi in cui si gridava alla piazza fascista: del virus covid al virus fascista è un attimo. Al posto dei saluti romani, l’assenza di mascherina, diventate il nuovo fazzoletto rosso partigiano.
La realtà è che la sinistra, dopo aver perso la piazza con la ritirata delle sardine, teme di non riprenderla mai più. E, chiusa nel palazzo, vede arrivare con preoccupazione un autunno in cui le piazze, questa volta veramente piene e non più «controllate», cingeranno d’assedio il bunker in cui si è rinchiusa. Quindi i leader del centro destra dovrebbero ringraziare per questi attacchi, e per le cronache fantasiose delle manifestazioni: dimostrano che l’opposizione fa ancora paura e non è stata domata, nonostante le sirene tentatrici, le minacce e i ricatti.
Inoltre a mandare fuori dai gangheri i pentapiddini è pure la data scelta, il 2 giugno. Una giornata molto meno partigiana del 25 aprile ma di cui nel tempo la sinistra ha voluto impossessarsi come cosa propria: dalle spillette per la pace dell’allora presidente della Camera Bertinotti alla sfilata, alla «repubblica dei rom e dei migranti » di Boldrini e di Fico fino al monito rivolto, sempre sulle colonne di Repubblica, dalla figlia di Togliatti: giù le mani dal 2 giugno, è roba nostra (dove nostra si intende dei comunisti e dei « cattolici adulti » alla Prodi)