Un attacco terroristico con coltello ha avuto luogo sabato sera a Parigi, causando la morte di una persona e il ferimento di altre due. Il sospetto, Armand R., un uomo di 26 anni di nascita francese da genitori iraniani, è conosciuto dai servizi di intelligence per i suoi legami con l’islam radicale e per i suoi problemi psicologici. Durante l’attacco, avvenuto tra il quai de Grenelle e Bir Hakeim, nel 15esimo arrondissement, l’aggressore avrebbe gridato “Allah Akbar”.
Il Ministero dell’Interno ha confermato che le comunicazioni e i documenti di identità del sospetto non lasciano dubbi sulla sua identità. Parlando con i giornalisti sul posto, il Ministro Gérald Darmanin ha rivelato che Armand R. “era seguito dalla DGSI come persona con problemi psichiatrici molto importanti”. Non è certo una giustificazione. In realtà Armand non era un pazzo uscito di testa da un momento all’altro. In passato era stato infatti oggetto di un’indagine e nel 2016 era stato condannato a quattro anni di carcere per aver pianificato un attacco terroristico a La Défense. Secondo una fonte di sicurezza citata dal Figaro, l’aggressore – nonostante fosse noto alle autorità per i suoi legami con l’islam fanatico – sembrava aver “abbandonato la religione” dopo essere uscito dal carcere, ma la sua radicalizzazione aveva di nuovo suscitato preoccupazioni agli inizi di quest’anno.
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Secondo Darmanin, al momento dell’arresto, Armand R. aveva dichiarato di non tollerare la morte di musulmani in Afghanistan e in Palestina e aveva accusato la Francia di essere complice di Israele.
Secondo quanto riportato da un giornalista di France 24 specializzato in terrorismo, Wassim Nasr, l’aggressore avrebbe girato un video di rivendicazione di due minuti prima di compiere l’attacco. Nel video, dichiara di essere “un sostenitore del califfato dello Stato islamico”, giurando “fedeltà al califfo Abou Hafs” e affermando di agire per “vendicare i musulmani”.