Tempi difficili per la Germania. Da locomotiva d’Europa a palla al piede, così – attraverso un’iperbole – possiamo riassumere il cammino di Berlino, alle prese con diverse crisi e tutte difficili da risolvere. Il problema principale è sicuramente l’economia, ormai ferma: l’ultimo segnale d’allarme è arrivato dall’Ifo (Leibniz Institute for Economic Research at the University of Munich), che ha rivisto al ribasso le sue stime e ora indica una previsione di crescita zero per quest’anno, mentre nel 2025 il Pil dovrebbe crescere dello 0,9 per cento invece che dell’1,5 per cento stimato in precedenza. Una crescita dell’1,5 per cento potrebbe essere raggiunta solo nel 2026. Troppo in là.
“L’economia tedesca è bloccata e langue nella depressione”, l’ammissione di Timo Wollmershäuser, a capo del dipartimento ’Forecasts’ dell’Ifo, riportata dal Sole 24 Ore. Secondo l’esperto, la Germania sta affrontando una crisi strutturale: dagli investimenti troppo modesti alla produttività stagnante da anni. La crisi economica si materializza dunque con ordinativi negativi e un aumento del potere d’acquisto che non si traduce in aumento di consumi ma in maggiori risparmi. Il tasso di inflazione scenderà dalla media del 5,9 per cento del 2023 al 2,2 per cento di quest’anno. Poi al 2 per cento nel 2025 e all’1,9 per cento l’anno successivo. Per quanto concerne il tasso di disoccupazione, questo è stimato al 6 per cento, 0,3 per cento rispetto al 2024. Il ribasso è atteso nel 2025, al 5,8 per cento, e poi nel 2026, al 5,3 per cento. Infine il deficit pubblico è atteso al 2 per cento, per poi scalare all’1,3 per cento nel 2025 e allo 0,9 per cento nel 2026.
La Germania è entrata in una crisi così profonda che sembra difficile vedere una via d’uscita. I modelli di business consolidati sono stati messi in discussione e stracciati da una serie di eventi: dalla decarbonizzazione alla digitalizzazione, passando per la pandemia da Covid-19. Fino alla problematica più rilevante: lo shock dei prezzi dell’energia. La guerra in Ucraina ha rappresentato un grosso problema da questo punto di vista, soprattutto per il Paese più “pesante” dell’Ue: “Il più grande Stato membro sta diventando un peso per il resto dell’Unione europea, una zavorra che trascina verso il basso il resto del continente”, la sottolineatura dell’economista Henrik Muller.
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La crisi colpisce in primis l’industria, soprattutto quella ad alta densità energetica. In prima fila l’ingegneria meccanica e l’industria automobilista, già alle prese con la concorrenza della Cina e con le ristrutturazioni legate alla decarbonizzazione e alla digitalizzazione. Il passaggio dal motore a combustione all’elettrico ha messo in crisi i giganti tedeschi, basti pensare alla Volkswagen: il colosso sta prendendo in considerazione la chiusura di uno dei suoi stabilimenti per tagliare i costi, per la precisione 10 miliardi di euro entro il 2026. Una decisione storica, considerando che sarebbe la prima volta nella storia dell’azienda.
Franco Lodige, 8 settembre 2024
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