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All’Italia non serve il Mes, ma al Mes serve l’Italia

I membri dell’eurozona hanno già tutti i canali di finanziamento. Questo vuol dire che il Mes è inutile

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Mentre il redattore unico di giornali e tg vi parla degli odiatori di Silvia Aisha Romano, l’Italia si appresta a mettere in bacheca l’ennesima umiliazione internazionale. Se continua così, saremo gli unici in Europa a chiedere il prestito del Mes. Un Paese del G8, seconda manifattura del continente, ridotto a elemosinare due spiccioli, per fare non si sa bene cosa. O meglio, si sa: tenere in piedi un Fondo che è ridotto a un eurocarrozzone, aborrito da tutti e reso superfluo dal bazooka della Bce.

La balla della Spagna smaniosa di accedere al Salva Stati aveva già provato a vendercela Giuseppe Conte. Smentito clamorosamente dal governo di Madrid: il ministro degli Esteri, Arancha González, ad aprile aveva precisato che il Paese non aveva alcuna intenzione di prendere quei soldi. Anche il ministro dell’Economia, Nadia Calvino, ha sottolineato che, poiché la Spagna non ha “nessun problema di accesso ai mercati finanziari”, declinerà l’offerta di Klaus Regling, il direttore del Fondo. Stesso film in Portogallo. Venerdì scorso, il ministro delle Finanze, Ricardo Mourinho Félix, è stato cristallino: “Le linee precauzionali sono destinate ai Paesi che incontrano difficoltà finanziarie sui mercati e il Portogallo, a causa degli aggiustamenti fatti negli anni passati”, non ha bisogno di attivare il prestito del Mes. Che strano: i Paesi che conservano il ricordo della tagliola degli euroaguzzini non si fidano più. Proprio come la Grecia. Martedì, anche Christos Staikouras, ministro delle Finanze ellenico, ha respinto al mittente le generose profferte del Salva Stati.

A Roma invece suona una musica diversa. Qualche giorno fa, sulla Verità, Carlo Pelanda ha rivelato che sono in corso febbrili contatti tra i vertici del Mes e alcuni “esperti” italiani. Gli scherani di Regling vogliono capire come convincere il governo ad accettare il prestito. Non che sia difficile: Pd e Italia Viva fremono; Conte è notoriamente propenso ad anteporre la poltrona ai principi; alla fine, come al solito, cederà pure il M5s. In più, in Parlamento, arriverà l’aiutino di Forza Italia: un suicidio di massa – anzi, di larghe intese.

Eppure, il nostro Paese, come dimostra l’ultima asta dei Btp, è perfettamente in grado di finanziarsi sui mercati. Peraltro, a tassi paragonabili a quelli della linea di credito del Mes. Senza contrarre debito senior, quello che va rimborsato in modo prioritario e che, perciò, manda nel panico gli investitori e fa schizzare lo spread. E senza esporsi agli infernali sistemi di controllo del Fondo. Ma allora perché la crema dei nostri intellettuali, giornalisti e politici vuole per forza andare da Regling con il cappello in mano? La Stampa ha scritto che con quei soldi si poteva coprire il taglio dell’Irap; Il Foglio, che ci si potrà sovvenzionare la riconversione sanitaria delle industrie; Il Sole 24 Ore, che il prestito migliorerà il nostro rating. Manca solo una batteria di pentole per le prime 100 telefonate.

O i competenti non hanno capito niente, o hanno capito tutto e non vedono l’ora di mettere il Paese in manette, pur di costringere i sovranisti, un domani, a governare con il programma scritto dalla Troika. Non ci sarebbe da meravigliarsi, visto in che conto costoro tengono la democrazia. E gli uomini del Mes? Perché ci tengono tanto a consegnarci il denaro, per di più ammettendo, come ha fatto Regling all’Ansa, che dopo il prestito saremo sorvegliati speciali? Anche in questo caso, la risposta non ha nulla a che vedere con nobili afflati, come la decantata solidarietà europea.

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