Si accende lo scontro politico sull’alluvione in Emilia Romagna. Nella giornata di ieri è stato registrato uno scambio di accuse tra maggioranza e opposizione. Frontale l’attacco di Fratelli d’Italia nei confronti dell’amministrazione del guidata prima da Stefano Bonaccini e ora dalla reggente Irene Priolo in vista delle elezioni regionali del 17-18 novembre. “Quanto sta accadendo in queste ore è spaventoso, inaccettabile, e per questo auspico che chi ha sbagliato paghi”, l’affondo della deputata Daniela Dondi. Diversi esponenti meloniani hanno annunciato esposti per accertare le responsabilità. Il motivo? I mancati interventi dopo l’alluvione del maggio 2023.
Le opere mai fatte
Già nel 2023, secondo il deputato Mauro Malaguti, la giunta regionale dell’Emilia Romagna non spese nemmeno un terzo dei soldi stanziati per la prevenzione. Già nelle scorse ore il ministro Nello Musumeci ha evidenziato che il compito della prevenzione strutturale e infrastrutturale è di competenza delle Regioni, ora spuntano anche i numeri. A un anno di distanza dalla disastrosa alluvione che provocò 17 morti e miliardi di euro di danni, solo un terzo delle opere di protezione idrogeologica sono state completate, mentre in un altro terzo dei casi i cantieri sono ancora aperti.
Come riportato dal Corriere, un report pubblicato dalla Regione nel maggio scorso fa il punto sui cantieri avviato dopo quanto accaduto nel maggio del 2023. Per quanto concerne le opere di prevenzione e di ripristino contro il rischio idrogeologico, nel complesso sono 402 i cantieri in capo all’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile che interessano le province colpite di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. Ebbene, di questi “130 sono già stati completati, 158 quelli in corso e 114 in progettazione”. In altre parole solo un terzo delle opere previste (grosso modo) sono state portate a termine, un terzo deve essere completato e il resto è ancora sulla carta.
I fondi stanziati per l’Emilia Romagna
Sempre restando sui dati, parliamo di valore totale di 343 milioni di euro tra somme urgenze, urgenze, programmazione regionale anticipata e programmazione da altre fonti: “Gli interventi di somma urgenza in capo all’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile sono in tutto 66 per oltre 97 milioni di euro. Tre interventi (per circa 3 milioni) sono in fase di realizzazione, tutti gli altri già conclusi”. E, ancora, ci sono altri 298 interventi (di cui 148 già conclusi) di difesa idraulica per 267,5 milioni di euro sempre finanziati dalle ordinanze del Commissario ai Consorzi di Bonifica.
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Ricordiamo che negli ultimi dieci anni il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ha messo a disposizione dell’Emilia Romagna 118 milioni e 285mila euro per quattro interventi superiori ai 10 milioni. Poi, per 128 interventi più ridotti, 136 milioni e 14mila euro. Il Viminale ha invece messo a disposizione 158 milioni 956mila euro per 446 piccoli interventi e 68 milioni e 74mila per interventi superiori a un milione. E, ancora, il Dipartimento Casa Italia ha finanziato 13 interventi per 17 milioni 225mila, il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha finanziato 13 interventi per 3 milioni e 250mila. Totale di 594 milioni, 567mila 679 euro, oltre mezzo miliardo.
Il commissario Figliuolo ha poi fatto sapere che i fondi per la messa in sicurezza del territorio sono stati in totale circa 2,5 miliardi, du cui 1,6 miliardi già erogati. Sono serviti?
Da qui la provocazione di Musumeci: “Se la regione Emilia Romagna potesse fare lo sforzo di farci sapere quante di queste risorse sono state spese, spero tutta o quasi, se ci facesse la cortesia di dirci quali sono i territori più vulnerabili ancora, quali sono quelli su cui intervenire in un rapporto di reciproca e leale collaborazione istituzionale noi da Roma potremmo programmare ulteriori interventi in regime ordinario”.
Tutto come anno scorso
Il caso eclatante è Faenza. Uno dei muri costruiti in città ha impedito che il centro si allagasse, lì dove invece è stato predisposto un argine “di fortuna” l’altra sera, l’acqua lo ha spazzato via come se fossero noccioline. Il Comune avrebbe voluto costruire un muro lungo l’argine, ma non è stato ancora messo a terra.
A Budrio dove lo stesso quartiere si è allagato per la terza volta in sei anni. Le famiglie sfollate oggi, lo erano anche nel 2019 e nel 2023. Possibile non si sia riuscito a fare nulla nel frattempo per impedire il ripetersi del disastro? Sedici mesi dopo il crollo del ponte della Motta, l’Idice è uscito dagli argini a pochi metri dal luogo in cui l’anno scorso il ponte venne distrutto.
A mancare sono i grandi interventi contro il dissesto idrogeologico. Bisognerebbe costruire vasche di laminazione per impedire il ripetersi di questi situazioni, ma a quanto pare un piano da 4,5 miliardi di euro è stato presentato approvato in via provvisoria dal Commissario Figiuolo solo nel marzo del 2024, poi modificato e ri-approvato a luglio. Troppo tardi, per pensare di vedere i cantieri già attivi. Infatti il documento è al ministero dell’Ambiente per le valutazioni del caso. Intanto, però, piove.
Franco Lodige, 20 settembre 2024
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