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Altro che “allarme fascismo”: la sinistra coccola i collettivi violenti

Il caso di Bologna e l’assalto ai militanti di Fdi da parte dei collettivi. La mozione di solidarietà è chiusa in un cassetto

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Nella giornata di ieri, in esclusiva su nicolaporro.it, abbiamo raccontato il clamoroso doppiopesismo della sinistra – sia politica, che mediatica – sui fatti di Firenze. Pochi giorni fa, alcuni esponenti del movimento giovanile di Fratelli d’Italia, Azione Studentesca (AS), si sono resi protagonisti di atti di violenza con due giovanissimi di estrema sinistra, davanti al Liceo Michelangelo. La narrazione mainstream ha presentato il fatto come una “aggressione squadrista” da parte dei ragazzi di destra, ma la realtà che emerge giorno dopo giorno dalle cronache locali sembra essere un po’ diversa. Non solo. Come raccontato dal Corriere e dal Giornale, i fatti sono preceduti da quelli di pochi giorni fa, quando gli studenti di AS erano davanti ad un complesso di istituti per azioni di volantinaggio, per poi essere sopraggiunti dagli esponenti di sinistra che “hanno iniziato ad accanirsi in particolare contro un ragazzo” e “avevano delle cinghie in mano”. Solo l’intervento del personale scolastico ha evitato che il tutto potesse sfociare in violenze fisiche.

Eppure da giorni non si fa che parlare di pericolo fascista. Da una parte, Repubblica e Domani subito in trincea, cercando di far ricadere il caso su Giorgia Meloni, “colpevole” di non aver fatto alcuna dichiarazione pubblica, e quindi “coccolando” queste azioni violente dei giovanissimi del proprio partito. Dall’altra, si è dato vita ad una sorta di revisionismo, cercando di identificare un agguato fatto da adulti di estrema destra. In realtà, i sei denunciati sono tutti nati tra il 2002 ed il 2007. Ciò vuol dire che il più “adulto” ha 21 anni.

Il dato particolare, però, rimane la differenza di trattamento mediatico che c’è stato tra il caso di Firenze e quello di Bologna, dove alcuni esponenti di Fratelli d’Italia (la gran parte appartenente al movimento giovanile Azione Universitaria, che invece agisce all’interno degli atenei) sono stati assaltati da una ventina di persone dei collettivi di sinistra (“Ne ho contate almeno 25”, ci spiega un aggredito). Sulla vicenda, la Procura di Bologna ha aperto un’inchiesta, terminata con la richiesta di rinvio a giudizio di otto “compagni” nati tra il 1988 ed il 2001. Il quadro presentato dal pm Stefano Dambruoso è sconcertante. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, infatti, si parla di “calci, pugni e strattonamenti”, che hanno portato ad un trauma cranico, uno toracico e lesioni personali ai giovani aggrediti di Fratelli d’Italia, obbligati a chiamare carabinieri e 118. Eppure, il fatto non ha avuto rilievo nella cronaca nazionale. Si conta solo qualche articolo relegato alla cronaca locale del bolognese.

Per approfondire:

E se oggi mezzo Pd chiede alla Meloni di intervenire, non è che lo scorso maggio la maggioranza di sinistra del comune di Bologna si sia comportata molto meglio con le violenze dei centri sociali. Se infatti il sindaco piddino Matteo Lepore ha prontamente chiamato Stefano Cavedagna, presidente del gruppo consiliare di FdI e tra i soggetti aggrediti, per esprimere solidarietà e condannare con fermezza le violenze; stessa cosa non è avvenuta da parte delle liste che sostengono il sindaco della città. Molti puntano il dito sul comportamento di Coalizione Civica, la seconda lista di sinistra più votata alle scorse amministrative, con quasi il 7,5 per cento dei consensi. Secondo una fonte di nicolaporro.it, infatti, “Coalizione Civica non ha mai espresso solidarietà per le violenze del Collettivo Universitario Autonomo”, gruppo che – denuncia Fdi – avrebbe “rivendicato l’azione sui propri canali social”. E c’è di più. Alla presentazione di un ordine del giorno di Fratelli d’Italia Bologna, con cui si richiedeva di far luce sull’accaduto, “l’atto è stato inserito tra quelli non urgenti ed è ancora fermo in consiglio”, nonostante l’assalto sia avvenuto a maggio 2022.

Chiudete gli occhi e immaginate se le parti politiche fossero invertite. Se cioè un gruppo di facinorosi di estrema destra avesse organizzato un assalto a sigle politiche di sinistra. Difficile non immaginare che il caso sarebbe stato rilevato a livello nazionale, per poi finire anche in Parlamento e nelle sedi dei quotidiani più importanti d’Italia. Questo, per i fatti di Bologna, non è assolutamente avvenuto. E anzi, una certa sinistra istituzionale locale pare voler coccolare per filo e per segno quelli che sono gli esponenti della sinistra radicale e dei centri sociali bolognesi.

La nostra fonte, inoltre, ci racconta che numerosi membri di Coalizione Civica, oggi in consiglio comunale, vengono proprio dal mondo dei collettivi e dei centri sociali. Tra questi, per esempio, vi è il capogruppo Detjon Begaj, un nostalgico comunista, neanche troppo nascosto, che si fa immortalare con falce e martello, pugni chiusi, conferenze all’interno degli stabili dei collettivi di estrema sinistra. Addirittura, Begaj si fa immortalare fieramente con un quadro di Mao alle proprie spalle. Qui sotto, ne abbiamo alcune rappresentazioni.

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Ma è anche il linguaggio utilizzato dal capogruppo di Coalizione Civica a strizzare l’occhiolino alla frangia più radicale della sinistra. In un’intervista a Bologna Today, Begaj identifica Azione Universitaria come “una manica di fascisti da respingere politicamente e socialmente”. E ancora: “La nostra democrazia si difende negando agibilità alla loro propaganda e alle loro pratiche politiche”. Ergo, negando che il partito più votato dagli italiani alle scorse elezioni (e che ha raggiunto picchi del 30 per cento) possa fare politica e governare. Un metodo alquanto autoritario, imposto curiosamente da chi si definisce democratico e diretto erede della Resistenza.

Altro caso lampante, però, è stato quello del novembre scorso, quando i consiglieri comunali di Coalizione Civica non hanno votato in massa i 3 ordini del giorno, presentati dall’opposizione in solidarietà a Giorgia Meloni, per i fatti del 10 novembre: un collettivo studentesco aveva appeso alla torre Garisenda un fantoccio a testa in giù rappresentante il Presidente del Consiglio. Anzi, gli esponenti di Coalizione Civica decisero addirittura di “abbandonare l’aula in segno di protesta”. I fatti hanno portato poi l’applicazione di dodici misure cautelari, tra obblighi di firma e divieti di dimora, proprio nei confronti di attivisti appartenenti al Collettivo Universitario Autonomo. Anche in questo caso l’impostazione è la medesima: ferma condanna del sindaco Lepore, ma totale dissociazione da parte delle liste che lo sostengono in giunta ed in consiglio comunale.

La ferma condanna non arriva neanche dal vicesindaco Emily Clancy (anzi, vicesindaca, così non veniamo tacciati di sessismo), altra esponente che trova le proprie radici nel grande mondo della sinistra radicale di Bologna. Nelle foto di cui sopra, tanto per indirizzare la platea, abbiamo la vicesindaca col pugno chiuso; poi gli auguri di Natale su Facebook con la faccia di Karl Marx; e ancora, nel lontano 2016, ci mancava pure l’elogio ai centri sociali, quali “unici a fare welfare”. Non immaginiamo cosa sarebbe successo se un esponente di Fratelli d’Italia, per esempio, avesse condiviso sui social una foto di Mussolini oppure una con il fascio littorio. E ancora, magari una figura istituzionale che, al posto del pugno chiuso, avesse fatto il saluto fascista.

Il punto, però, è un altro e riguarda proprio il contatto tra sinistra istituzionale ed extraparlamentare. Le figure elette ed incaricate nel rappresentare la collettività si scagliano contro il principale partito di opposizione in città (che però rimane il primo della maggioranza di governo) attraverso formule che segnano un ritorno agli anni ’70: “Fuori i fasci”, “manica di fascisti da respingere”, “negare agibilità alla loro propaganda e alle loro pratiche politiche”. L’incapacità di esprimere solidarietà all’avversario, in presenza di veri e propri atti di violenza fisica, rappresenta l’intramontabile idea del “compagno che sbaglia”, e non del delinquente, dell’aggressore, del facinoroso. Lo stesso procedimento applicato per il caso Cospito. Un anarchico gambizza un uomo e organizza attacchi terroristici, pacchi bomba, tenta una strage in una scuola di ufficiali di carabinieri? Tranquilli, non è un terrorista, ma un semplice attivista o militante. Anzi, un militante a braccetto con una larga fetta della sinistra, che si è smobilitata per richiedere la revoca del regime del carcere duro. D’altro canto, non cambiano mai. Pasolini diceva: “Nulla è peggio del fascismo degli antifascisti“.

Matteo Milanesi, 23 febbraio 2023