Agli studenti che per l’ennesima volta scendono in strada contro il governo (non conta chi sia) e si mettono a sbrucicchiare pupazzi di politici in piazza, consigliamo vivamente una lettura. Smettano di cantare Bella ciao, pensate un po’ voi, e si leggano: Lettera ai politici sulla libertà di scuola di Dario Antiseri e Suor Anna Monia Alfieri.
Questo sì un vero testo rivoluzionario. Controintuitivo. Sono poco più di cento pagine, il tempo di costruire un manichino di Salvini da incendiare. La tesi di partenza è cha la competizione serva anche alla scuola, all’istruzione. Competizione non è una brutta parola, è stimolo a far meglio, è analisi dei risultati, misurazione dei successi. “Cum-petere, – scrivono i Nostri – vale a dire cercare insieme, in modo agonistico ben regolato, la soluzione migliore. È così che avanza la ricerca scientifica attraverso una severa lotta tra teorie alternative in vista della soluzione dei problemi; è così che funziona la vita di una democrazia con partiti in competizione in vista della “migliore” soluzione di problemi economici, sociali, istituzionali”.
I due autori spiegano bene come “Il danno recato dal monopolio statale dell’istruzione non è dissimile dal danno recato da ogni altra specie di monopolio”. Inoltre “Il monopolio statale nella gestione dell’istruzione è negazione di libertà; è in contrasto con la giustizia sociale; devasta l’efficienza della scuola”. La libertà di scelta viene meno, e questo è evidente, ma è anche ingiusto socialmente poichè “le famiglie che iscrivono il proprio figlio alla scuola non statale pagano due volte; la prima volta con le imposte – per un servizio di cui non usufruiscono – e una seconda volta con la retta da corrispondere alla scuola non statale”.
Ci sono però dei vincoli da rispettare in un quadro di scuola libera e competitiva e Antiseri cita Milton Friedman: “È impossibile una società stabile e democratica senza un certo grado di alfabetismo e di conoscenza da parte della maggioranza dei cittadini e senza una diffusa accettazione di alcuni complessi comuni di valori. L’istruzione può contribuire a entrambi questi aspetti. Di conseguenza, il guadagno che un bambino ricava dall’educazione non ridonda solo a vantaggio del bambino stesso o dei suoi genitori, ma anche a vantaggio degli altri membri della società. L’istruzione di mio figlio contribuisce anche al vostro benessere, concorrendo a promuovere una società stabile e democratica. Non è possibile identificare quali siano i singoli (o le famiglie) che ne beneficiano e, quindi, addossare a essi gli oneri specifici per i servizi resi. Ci troviamo […] di fronte a un importante caso di “effetto indotto”».
Ed ecco come per Friedman è possibile articolare su base competitiva il sistema formativo: «I governi potrebbero imporre un livello minimo di scolarità e assicurarne il funzionamento, concedendo ai genitori dei titoli di credito rimborsabili per una determinata somma massima annua per ciascun figlio qualora fosse spesa per servizi scolastici “approvati”. I genitori in tal caso sarebbero liberi di spendere questa somma, e ogni altra somma addizionale di tasca propria, per l’acquisto di servizi scolastici da un istituto di loro propria scelta”. Insomma la proposta di un buono scuola, da spendere dove i genitori si ritengano sofpddisfatti.
In Italia invece, e questa è una caparbia battaglia di Suor Anna, la scuola libera è libera solo di morire. Il testo, agile come abbiamo detto, contiene però molte tabelle, a dimostrazione, in questo caso, della scomparsa di un’istruzione alternativa a quella pubblica. Al netto dei dati demografici, stanno drasticamente diminuendo gli studenti delle paritarie, in pochi anni sono scomparse 800 scuole.
Il libro di Antiseri e Alfieri è consigliabile ai giovani studenti di oggi, ai ragazzi che vanno in piazza in buona fede. È l’unico strumento che hanno per capire che con Bella ciao non si va da nessuna parte.
Nicola Porro, Il Giornale 14 ottobre 2018