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Altro che catasto, va ridotta l’Imu

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Oggi approda in Parlamento il disegno di legge delega con la riforma fiscale proposta dal Governo. Al suo interno c’è la revisione del catasto, che proprio il Parlamento aveva escluso dal documento di indirizzo approvato lo scorso 30 giugno, sul quale l’Esecutivo si era impegnato – anche nella Nadef licenziata pochi giorni fa – a fondare il proprio testo.

Ora siamo curiosi di capire quale sarà l’atteggiamento dei partiti, in particolare di quelli che fino a ieri hanno urlato il loro no a qualsiasi intervento sul catasto, vale a dire Lega e Forza Italia (ma è contraria anche l’unica forza di opposizione, Fratelli d’Italia). Il discorso è sempre lo stesso: se c’è un’urgenza, quella non è la riforma del catasto – che ha già creato un effetto depressivo sul mercato immobiliare – ma la riduzione della patrimoniale sugli immobili, l’Imu, che nei suoi dieci anni di vita ha pesato per 230 miliardi di euro su famiglie e imprese, determinando una caduta progressiva del valore del risparmio che tanti italiani avevano investito, così ripagati, nel loro Paese.

Nel merito, peraltro, l’intervento sul catasto pensato dal Governo è molto pericoloso, sia per la sua connotazione fortemente patrimoniale, sia per l’estrema libertà che lascia allo stesso Esecutivo in sede di attuazione della delega, che di fatto vuol dire mano libera all’Agenzia delle entrate.

Per quanto riguarda il resto della riforma fiscale, criticabile per la sua assoluta genericità (e quindi pericolosità) in molte altre sue parti, occorre chiedersi anche quale sarà il futuro della tassazione dei redditi da locazione: la priorità, vista la drammatica crisi del commercio, sarebbe l’estensione agli affitti non abitativi della cedolare secca vigente per il residenziale, ma anche in questo campo si registrano spinte di ben diversa natura.

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