Ormai da parecchie settimane non si fa altro che parlare dei danni economici e valoriali (sfregio ai valori condivisi, ostacoli al libero mercato, tradimento degli alleati storici, ecc.) causati dai dazi che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha deciso di applicare nei confronti di molti paesi. Nel caso dell’Europa, i dazi dovrebbero avere non solo la funzione di riequilibrare lo scambio commerciale Usa-Ue, ma anche quella di contrastare tutte quelle barriere commerciali surrettizie che l’Europa erige, penalizzando molte aziende americane attraverso l’imposizione di adempimenti astrusi, costosi e improduttivi.
Ma da dove nasce questa percezione di un attacco al libero mercato da parte della comunità europea nei confronti degli Usa, che provoca queste reazioni decise da parte dei repubblicani statunitensi (i quali, non dimentichiamolo, hanno vinto le elezioni)? Uno dei regolamenti Ue più controversi per l’attuale amministrazione è il Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), recentemente approvato dall’Unione Europea. Che questo ennesimo castello di carte possa dare il colpo di grazia a questa povera e sgangherata comunità europea importa poco ai nostri alleati d’oltreoceano; tuttavia, dal punto di vista di un repubblicano statunitense, esso rappresenta una barriera commerciale inaccettabile e, al contempo, un’ingerenza altrettanto intollerabile nella sovranità nazionale. Vediamo perché.
Il CSDDD dell’UE: una minaccia per l’America
L’approvazione del Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) da parte dell’Unione Europea, avvenuta ufficialmente nel maggio 2024, rappresenta un passo significativo per Bruxelles nella sua crociata per imporre standard ambientali e sociali alle imprese che operano nel mercato unico europeo. Tuttavia, dal punto di vista di un repubblicano statunitense, questa direttiva non è solo un esempio di regolamentazione eccessiva, ma anche una barriera commerciale non tariffaria che mette a rischio la competitività delle aziende americane e la sovranità economica degli Stati Uniti.
Il CSDDD obbliga le grandi imprese, incluse quelle non europee con un fatturato netto superiore a 450 milioni di euro nell’Ue, a condurre una due diligence sui diritti umani e sull’impatto ambientale lungo le loro catene di approvvigionamento globali. Le aziende devono identificare, prevenire e mitigare eventuali effetti negativi, come il lavoro forzato o il danno ecologico, e adottare piani di transizione climatica in linea con l’Accordo di Parigi. Per un repubblicano, questo approccio rappresenta un’intromissione ingiustificata nella libertà d’impresa e un tentativo dell’Ue di estendere la propria giurisdizione oltre i confini europei, colpendo direttamente le aziende americane che fanno affari nel continente.
Barriere Commerciali Evidenti
- Costi di Conformità Proibitivi: implementare i requisiti del CSDDD significa per le aziende statunitensi affrontare costi significativi. Monitorare e documentare ogni aspetto della catena di approvvigionamento globale, spesso coinvolgendo fornitori in paesi con normative meno stringenti, richiede investimenti in personale, tecnologia e consulenze legali. Questi oneri finanziari riducono i margini di profitto e mettono le imprese americane in una posizione di svantaggio rispetto ai concorrenti di altre regioni che non devono sottostare a tali obblighi. Per un repubblicano, questo è un classico esempio di come le regolamentazioni “verdi” europee soffochino la crescita economica.
- Extraterritorialità e Sovranità: il fatto che il CSDDD si applichi anche alle aziende non europee con una presenza significativa nel mercato Ue è visto come un affronto alla sovranità statunitense. Perché un’azienda americana, regolata dalle leggi degli Stati Uniti, dovrebbe essere costretta a conformarsi a standard europei imposti da burocrati di Bruxelles? Questa extraterritorialità è percepita come un tentativo di imporre un’agenda progressista globale, in contrasto con i principi di autonomia e deregulation cari ai repubblicani, specialmente sotto l’amministrazione Trump, che ha fatto dell’”America First” un pilastro della sua politica economica.
- Distorsione del Mercato e Competitività: le aziende americane che scelgono di non adeguarsi al CSDDD rischiano di essere escluse dal mercato europeo, uno dei più grandi al mondo. Questo crea una barriera commerciale indiretta: o si accettano i costi e le imposizioni dell’Ue, o si perde accesso a un mercato cruciale. Per un repubblicano, ciò equivale a un protezionismo mascherato, che favorisce le imprese europee già abituate a normative simili (e che pagano questa “abitudine” con un crollo della competitività) e penalizza quelle americane, minando la loro capacità di competere su scala globale.
- Conflitto con i Doveri Fiduciari: negli Stati Uniti, i dirigenti aziendali hanno il dovere fiduciario di agire nell’interesse degli azionisti, massimizzando il valore dell’impresa. Il CSDDD, con il suo focus su stakeholder europei e obiettivi climatici, potrebbe costringere i manager americani a prendere decisioni che privilegiano interessi stranieri rispetto a quelli dei propri investitori. Questo conflitto è inaccettabile per un repubblicano, che vede nella libertà di mercato e nella priorità degli azionisti i fondamenti dell’economia americana.
Una risposta necessaria
Non sorprende che figure di spicco del Partito Repubblicano, come il senatore Bill Hagerty e il deputato French Hill, abbiano già preso posizione contro il CSDDD. La proposta del Protect Usa Act, avanzata a marzo 2025, mira a proteggere le aziende americane da queste regolamentazioni straniere, vietando qualsiasi azione avversa nei loro confronti per la mancata conformità al CSDDD. Inoltre, 26 stati americani hanno chiesto un’indagine sotto la Sezione 301 del Trade Act del 1974, definendo le direttive di sostenibilità dell’Ue un “eccesso regolatorio” che minaccia gli interessi economici americani.
Dal punto di vista repubblicano, l’Ue dovrebbe concentrarsi sulla semplificazione del commercio transatlantico, non sull’imposizione di barriere ideologiche. La risposta ideale sarebbe un’azione diplomatica decisa, accompagnata, se necessario, da contromisure commerciali per ristabilire un equilibrio. Con l’amministrazione Trump al timone, è improbabile che gli Stati Uniti accettino passivamente questa ingerenza europea. Il CSDDD non è solo una questione di sostenibilità: è una battaglia per il controllo economico e la libertà d’impresa, e i repubblicani sono pronti a combatterla.
Questa nota non intende sollecitare un confronto tra tifoserie opposte, ma mira a riflettere la prospettiva critica di un repubblicano statunitense – una visione spesso trascurata dai nostri media – mettendo in luce le barriere commerciali percepite come effetto del CSDDD. Questo approccio si allinea alle posizioni espresse da legislatori e commentatori repubblicani negli Stati Uniti nel 2025. Per affrontare con serietà i problemi legati all’introduzione dei dazi Usa, ritengo fondamentale comprendere innanzitutto le ragioni della controparte e, possibilmente, trovare un punto di equilibrio. Sarebbe inoltre utile cogliere questa occasione per riconsiderare il CSDDD e, più in generale, l’intero quadro normativo, che sembra sempre più orientato verso principi socialdemocratici a scapito di quelli liberali.
Carlo MacKay, 1° aprile 2025
Per ulteriori approfondimenti, consiglio di leggere il nuovo studio del “The Heartland Institute” sul CSDDD, che potete scaricare liberamente: https://heartland.org/opinion/new-heartland-study-european-union-is-on-the-verge-of-vassalizing-america-through-new-global-esg-law/