“Perché volete a tutti i costi una riforma della legittima difesa? Tanto alla fine assolvono sempre tutti”. Questo ci sentivamo rispondere spesso, fra le varie obiezioni strampalate messe in campo da chi, con pregiudizio, non accetta che un individuo si possa difendere da solo.
Ecco, a conferma della bontà di questa tesi, ieri pomeriggio è arrivata la condanna a 14 anni di carcere per Francesco Palumbo, avvocato 47enne di Latina giudicato colpevole di omicidio e tentato omicidio. I fatti risalgono al 2017: l’uomo, arriva a casa dei genitori, dopo che sullo smartphone riceve la notifica dello scatto del sistema d’allarme. Di fronte all’abitazione trova “il palo”, complice dei malviventi che erano già all’interno intenti a rubare. A questo punto immagineremmo che il palo avvisi i complici e che i banditi si diano alla fuga (il palo una volta funzionava così). E invece siamo in Italia, dunque il fuorilegge dice addirittura a Palumbo di andarsene perché in quel momento era in corso il furto. Ecco, se l’avvocato avesse girato i tacchi, come suggerito dai banditi, probabilmente ora non si troverebbe in cella. E in questo sta tutta la follia dell’interpretazione delle leggi da parte della magistratura.
Invece Palumbo fa ciò che nei suoi panni probabilmente avremmo fatto anche noi. Munito di regolare porto d’armi, tira fuori la pistola e intima ai malviventi di andarsene altrimenti avrebbe chiamato la polizia. Dunque, l’avvocato non spara immediatamente, il che tenderebbe a escludere una reale volontà omicida.
A questo punto l’imprevisto, che si verifica spesso in questi casi per via della dinamica dell’evento in sé, per il carico psicologico che si porta dietro e perché del tutto evidentemente le persone perbene non sono addestrate a gestire lo stress e a trovarsi in quel tipo di situazioni. Ecco dunque che gli altri due banditi escono dalla casa dei genitori e all’avvocato sembra di vedere uno di loro mettere una mano in tasca. Vero o meno, importa poco. Conta solo quello che Palumbo percepisce. Crede che il ladro stia tirando fuori la pistola e fa fuoco. Colpisce uno dei malviventi, uccidendolo e ne ferisce un secondo. I banditi, che facevano parte di una banda proveniente dalla Campania specializzata in furti di questo tipo, pare fossero disarmati.
«Ho visto uno dei ladri infilare la mano in tasca ed ho avuto paura – dichiarerà l’avvocato – preso dal panico ho sparato molti colpi, ma non volevo uccidere nessuno». Sparare molti colpi è esattamente ciò che fanno le persone non addestrate a gestire un’arma da fuoco in una situazione di grande tensione. Non per questo però, vi è sempre la volontà di uccidere chi sta di fronte, anzi in molti casi la persona che sceglie di reagire espone se stessa a molti rischi nel momento in cui anche l’opponente sia armato. Non siamo del tutto evidentemente in contesti dove prevale la razionalità.
Ma come avviene spesso in questi casi, la magistratura ha giudicato colpevole l’avvocato per omicidio e tentato omicidio, condannando l’uomo ad una pena addirittura maggiore rispetto a quella chiesta dalla pubblica accusa (12 anni).
Da ciò traiamo sempre le medesime conclusioni:
1) checché ne dicano, le persone che si difendono vengono condannate eccome (vedi Walter Onichini per fare un altro esempio),
2) modificare la normativa sulla legittima difesa serve fino ad un certo punto,
3) l’unica soluzione giuridicamente possibile per evitare situazioni di questo tipo sarebbe quella di garantire costituzionalmente la parità fra il diritto alla vita e il diritto di proprietà (cosa che non avverrà mai perché non siamo negli Stati Uniti).
Dunque, ahinoi, questa sarà una battaglia infinita, destinata a non risolversi mai perché combattuta da due prospettive culturali totalmente agli antipodi. “Far West”. “La difesa è sempre legittima”. “Solo lo Stato ci può difendere”. “Se un ladro entra in casa mia esce con i piedi davanti”.
Rassegniamoci, andremo avanti così, con questi slogan, ancora per molto tempo, forse per sempre. Nel frattempo, altre persone perbene finiranno all’obitorio o in galera, altri malviventi uccideranno o verranno uccisi, persino in caso di assoluzione avremo comunque fatto passare agli imputati e alle loro famiglie le pene dell’inferno. E noi giornalisti, scriveremo sempre le stesse cose senza nemmeno più coltivare la speranza che un giorno possano cambiare.
Nicolò Petrali, 23 aprile 2022