Personalmente credo che la cosiddetta influencer – termine orrendo – Chiara Ferragni abbia già ricevuto il meritato guiderdone, come soleva scrivere il grande Boccaccio. Infatti, come alcuni avevano sagacemente anticipato, la valanga del pubblico sconcerto, a seguito del pasticciaccio brutto del pandoro Balocco, ne ha profondamente intaccato l’immagine, creandole di conseguenza enormi danni sul piano economico. Danni che, andando avanti l’iniziativa giudiziaria a suo carico, rischiano di mettere in forse l’intero castello di carte su cui si regge la sua intera impalcatura aziendale.
Il caso Chiara Ferragni
Oltre a ciò, proprio perché la questione delle vere o presunte truffe mediatiche è assai complessa e profondamente inserita nel tessuto sociale ed economico del Paese, occorrerebbe evitare di trasformare la moglie di Fedez in comodo capro espiatorio dei nostri difetti nazionali, tra cui quello storico di essere la patria dei furbi per antonomasia. D’altro canto, il confine tra un comportamento lecito ma eticamente commendevole e una truffa vera e propria appare sempre piuttosto incerto, soprattutto laddove entrano in campo i tre fattori chiave dell’era tecnologica: l’informazione, la propaganda e i social media.
L’indagine per truffa
Secondo l’articolo 640 del Codice penale, la truffa è un “delitto commesso da chiunque, con artifici o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.” Ora, se dovessimo applicare alla lettera quanto sopra alla sfera politica, al netto dei reati legati direttamente alla corruzione, alla malversazione e quant’altro, l’elenco delle truffe elettorali, non solo in Italia, che caratterizzano i sistemi democratici sarebbe infinita. Basterebbe riprendere in mano qualche recente programma elettorale dei partiti più in voga in dato momento per rendersene conto appieno.
Le promesse del M5S
A tale proposito, mi sembra interessante ricordare alcuni dei 20 punti che il Movimento 5 Stelle presentò in pompa magna durante le elezioni, trionfali per i grillini, del 2018:
- Tagli agli sprechi e ai costi della politica: 50 miliardi che tornano ai cittadini. Stop a pensioni d’oro, vitalizi, privilegi, sprechi della politica e opere inutili. Riorganizzazione delle partecipate, spending review della spesa improduttiva.
- Reddito di cittadinanza: rimettiamo l’Italia al lavoro. Oltre 2 miliardi di euro per la riforma dei centri per l’Impiego: facciamo incontrare davvero domanda e offerta di lavoro e garantiamo formazione continua a chi perde l’occupazione. Con la flex security le imprese sono più competitive e le persone escono dalla condizione di povertà.
- Meno tasse, più qualità della vita: Riduzione delle aliquote Irpef. Niente tasse per redditi fino a 10mila euro. Manovra choc per le piccole e medie imprese: riduzione del cuneo fiscale e riduzione drastica dell’Irap. Abolizione reale degli studi di settore, dello split payment, dello spesometro e di Equitalia. Inversione dell’onere della prova: il cittadino è onesto fino a prova contraria.
- Green economy: Italia 100% rinnovabile. 200mila posti di lavoro da economia del riciclo rifiuti. 17mila nuovi posti di lavoro per ogni miliardo di euro investito nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica. Uscita dal petrolio entro il 2050. Un milione di auto elettriche.
- Riduzione del rapporto debito pubblico/Pil di 40 punti in 10 anni: Più ricchezza grazie a maggiori investimenti in deficit, ad alto moltiplicatore e con maggiore occupazione. Riduzione spese improduttive. Tagli agli sprechi. Lotta alla grande evasione fiscale.
A queste surreali proposte, se così vogliamo definirle, si aggiunge la madre di tutte le “truffe” politiche degli ultimi decenni: il Superbonus 110% che ha creato un buco senza fondo nei conti pubblici degli anni a venire e che all’inizio era stato messo a bilancio con un esborso di appena 62 milioni di euro nel primo anno (attualmente si calcola un costo mensile di oltre 4,5 miliardi di euro).
Raggiro politico
A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che, in questo caso, contrariamente a ciò che si ipotizza nei confronti di Chiara Ferragni e dell’azienda Balocco, l’eventuale raggiro politico, basato su promesse assolutamente e chiaramente irrealizzabili – almeno agli occhi delle persone abbastanza informate in merito alle dinamiche e alle dimensioni dei settori presi in esame dai grillini – non avrebbe dato luogo ad alcun ingiusto profitto per sé, non procurando danni ad altri soggetti, in questo caso l’ignoto contribuente italico. Nei fatti, i numerosi grillini eletti in Parlamento gli emolumenti di un solo mese forse non li avevano mai visti nell’arco di un intero anno, così come la catastrofica caduta del bilancio pubblico avvenuta nel corso dei due esecutivi guidati dal M5S non ha precedenti negli ultimi decenni.
In realtà, se allarghiamo ad altri campi il nostro ragionamento, come ad esempio quello sconfinato delle pubblicità commerciali, dovremmo alla fine convenire che, modificando in parte il titolo di una famosa commedia di Eduardo, le truffe non finiscono mai. E dal momento che sarebbe folle, oltre che profondamente illiberale, pensare di istituire in ogni campo della vita sociale, politica compresa, una sorta di vigilanza suprema contro ogni forma di raggiro e di mistificazione a scopo di lucro, vorrei chiudere il mio ragionamento ribadendo quanto già scritto in precedenza: il principale antidoto contro ogni forma di truffa più o meno occulta dipende essenzialmente dal buon senso e dalla capacità di discernimento dei singoli.
In questo senso val la pena ricordare una delle battute migliori pronunciate da Nicolas Cage, protagonista di un ottimo film, a torto considerato minore, diretto da Ridley Scott, “Il genio della truffa”. Al finto psicanalista che chiedeva al truffatore se non si sentisse in colpa per aver sottratto tanti quattrini a molte persone, questa la sua ficcante risposta: “Ma non sono io che glieli ho tolti, sono loro che me li hanno dati.”
Claudio Romiti, 10 gennaio 2023
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