Deviazionismo, complicità con il nemico, tradimento. In altri tempi Enrico Letta avrebbe rischiato il linciaggio morale, se non fisico, dei suoi compagni per quel che ha detto al New York Times a proposito di Giorgia Meloni. E cioè che il presidente del Consiglio è “meglio di quanto ci aspettassimo” ed ha dimostrato di saperci fare. Il linciaggio verbale, quello sì, nessuno ha potuto però risparmiarglielo.
Da Orlando a Elly Schlein è stato tutto un coro di proteste e invettive contro il segretario che con poche parole sconfessava tutta la strategia che il centrosinistra aveva messo in piedi e che consisteva nel dipingere l’avversario come incapace, irresponsabile, fascista. Una frase soprattutto, buttata lì giù da Letta e passata quasi inosservata, era quella che più sembrava fatta per irritare i “compagni” perché veramente rivoluzionaria. Se presa alla lettera e fatta propria dalla sinistra, essa avrebbe di colpo potuto chiudere una vecchia storia e aprire una era nuova per il Paese e la sua democrazia. È quando Letta osserva che la vera partita si gioca in Europa e vede la Meloni intenta a spostare verso destra, soprattutto con le elezioni del Parlamento di Strasburgo dell’anno prossimo, gli equilibri politici attalmente in corso.
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Il segretario del Pd dice che ciò lo preoccupa ma che stavolta “non è un allarme democratico quello che lancio, è un allarme politico“. Considerare l’avversario politico come il portatore di una diversa visione del mondo rispetto alla propria, e non come un nemico da delegittimare moralmente e mettere fuori gioco prima ancora che la partita cominci, è ciò che avviene di norma in una democrazia. Ma è anche ciò che in Italia la sinistra ha sempre impedito che si realizzasse, rendendo così alquanto atipica la nostra democrazia.
Piccoli germi di una sinistra e un’Italia diverse che in pochi minuti, attraverso rettifiche e precisazioni, il segretario Letta si è visto costretto a uccidere prima ancora che maturassero. Lo zoccolo duro “comunista”, ancora presente nel Pd, ha richiamato all’ordine il segretario traghettatore e ha fatto sì che si ritornasse a cantare suppergiù “la solita canzone d’organetto”. Un Pd costretto a “innamorarsi” del nemico o a sognare di distruggerlo è ormai il vero problema della politica italiana. E della stessa maggioranza di governo che avrebbe vitale bisogno di un opposizione seria e competente. Nonché di un civile e pacato confronto fra visioni del mondo fra loro alternative.
Corrado Ocone, 16 febbraio 2023