Anche nel digitale, avanza il sovranismo

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Preso atto del tema del sovranismo come realizzazione di una nazione nelle scelte che determinano il suo destino nel mondo, questo si incarna in diverse branche: si può parlare di sovranità economica, energetica, monetaria ma anche della più recente sovranità digitale. Per l’Italia si parla di attualità considerati i recenti oscuramenti di pagine Facebook di partiti politici non visti di buon occhio dal colosso privato che, in maniera pretenziosa, scavalca le leggi dello Stato imponendosi su di esso.

Considerato un punto di vista legislativo sul tema, è bene notarne un secondo che passa ancora più in sordina, quando invece è strutturale: l’uso quasi esclusivo di software proprietari tramite i quali “regaliamo” le nostre informazioni ai colossi dell’informatica che monopolizzano il campo. Se dal primo approccio sarebbe sufficiente agire da un punto di vista formale, dall’altro potremo essere noi utenti a fare la differenza approcciandosi al mondo dell’open-source. Il termine, letteralmente “sorgente aperta”, sta a classificare quei servizi realizzati in modo tale che chi vuole può modificarne il codice sorgente, cioè il codice di programmazione, in maniera libera e gratuita adattandoli alle proprie esigenze, migliorandoli, copiandoli e distribuirli.

Prenderemo in considerazione il sistema operativo (S.O) dei nostri computer, ovvero l’insieme dei programmi che gestiscono le operazioni fondamentali, che molto spesso corrisponde all’ultima versione di Windows. Per usare questo servizio è obbligatorio pagare la licenza Microsoft al momento dell’acquisto del dispositivo nel prezzo dello stesso e se questo non viene fatto il Pc può servire al massimo come soprammobile. Si è portati a considerare solo l’esistenza di questo sistema operativo, ma c’è un’alternativa libera grazie a due animali, uno gnu e un pinguino.

Negli anni Novanta viene fondata la prima comunità del software libero, senza padroni, che riuniva appassionati di informatica senza scopo di lucro, la Free Software Foundations. Viene creato il S.O. Gnu, che però mancava di un nucleo (kernel) per funzionare. A questo penserà uno studente al secondo anno di Informatica dell’Università di Helsinki, Linus Torvalds, che creerà Linux, rappresentato dal pinguino Tux, che si distingue subito per la sua velocità e leggerezza. Con il tempo fino ad oggi si sviluppano numerose versioni complete, chiamate distribuzioni, pronte all’uso e facilmente installabili.

Si notano subito numerosi vantaggi: anzitutto la grafica, non più caratterizzata da angosciose schermate blu e impostazioni limitate e poco chiare. Poi la solidità del sistema, praticamente privo di virus, e il mancato bisogno di ricorrere alla pirateria, con programmi già disponibili e che assolvono tutte le normali richieste d’utenza. La possibilità di inserire stringhe di codice, facilmente trovabili in rete, permette una maggiore padronanza del dispositivo e una risoluzione dei problemi. La sua leggerezza permette di essere usato anche sui computer più vecchi senza che questi debbano essere smaltiti come rifiuti. Se si ha bisogno di aiuto esistono numerose guide in rete, blog e gruppi di appassionati. Il lavoro dietro Linux è svolto da programmatori in tutto il mondo spinti da altruismo, passione o anche per semplice desiderio di imparare; esistono gruppi di lavoro che si scambiano i pezzi su cui contribuire che possono essere finanziati da donazioni.

Lavorare al software libero non vuol dire non guadagnare. Cambia la logica di fondo: se un sistema proprietario sfrutta la sua posizione di dominio, il libero permette di guadagnare con la propria competenza. La filosofia di fondo evidenzia dunque il risparmio, l’efficienza e la libertà dell’utente. L’amministrazione pubblica ha motivo di considerare il software libero per quanto riguarda i documenti per esempio. L’uso di formati proprietari per documenti, apribili solo con quei specifici programmi proprietari, non sono sicuri in quanto la chiave di codifica (cioè gli ultimi tre o quattro caratteri che definiscono l’estensione) potrebbe cambiare nel tempo impedendo un loro recupero e rilettura. Questo è già successo in passato e non è da escludere per il futuro.

Del resto quale motivo per far accedere ai documenti pubblici con sistemi proprietari? Analoghe considerazioni valgono per il mondo dell’istruzione e della scuola, per diffondere i valori della collaborazione e della competenza garantendo imparzialità, indipendenza e sicurezza contro la dipendenza dal sistema. Ecco quindi come nel campo dell’informatica si possa riuscire ad immaginare una società più giusta, equilibrata ed etica, nel rispetto reciproco di tutti. Un esempio che se messo in atto aprirebbe una nuova strada verso la consapevolezza individuale e, di conseguenza, collettiva.

Filippo Mercuri, 17 luglio 2020

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