di Toni Capuozzo
Il guaio è che nessuno sa perdere. Non sa farlo Putin, e neanche Zelensky. Il primo non molla l’osso, e continua, anche se ha perso l’occasione di una guerra lampo, i leader e l’informazione occidentale lo descrivono isolato e spaesato dalla resistenza incontrata. Zelensky non cede, anche se ha finora perso la scommessa di coinvolgere l’Occidente in prima persona, sul campo di battaglia.
Ci sarebbero i margini di una trattativa che consenta a entrambi di cantare vittoria e leccarsi le ferite delle rispettive sconfitte, ma non c’è nessuno che abbia l’autorità per forzarli a trattare. Così, la guerra va avanti per inerzia verso lo scontro finale. Il giornalismo ama i titoli cubitali, e la guerra è perfetta, anche se fa male. Ma a ben guardare i numeri e le notizie, di guerra vera si è visto solo l’accerchiamento di Mariupol. Il resto è attesa, e spesso delle vittime si riesce a sapere il nome e il cognome, e le piazze dei collegamenti live, al calare della sera, sono ancora illuminate, l’unico grande dramma è quella dell’esodo dei profughi. Il resto è guerra di propaganda, da entrambi i lati: le armi chimiche, le centrali nucleari, il coinvolgimento della Bielorussia, i bombardamenti sui civili. Ho visto un filmato – russo – di interviste a profughi di Mariupol. Raccontavano di essere stato impediti nell’uscire dalla città dai difensori della città, non dagli aggressori: è assurdo? Leggo i nostri giornali, sento gli interventi nei nostri talk: mi sembra strano che la Russia non sia ancora crollata su se stessa.