Cronaca

“Andavo a 39 all’ora”. Sergio, multato e mazziato (ma sentirà gli uccellini)

Scontro tra il Comune di Bologna e il ministero dei trasporti. Lepore: “Zona 30 finanziata da Salvini”. Il leghista: “Serve buonsenso”

30 kmh bologna gioiellere multato

È lui il simbolo della nuova guerra agli automobilisti. Sergio Baldazzi, orefice bolognese, classica cadenza emiliana e il triste primato di essere il primo cittadino ad essere stato multato dalla municipale per aver superato il limite dei 30 km/h ormai obbligatorio in gran parte della città.

Bologna a 30 all’ora

Le regole sono regole, per quanto assurde, e questo Baldazzi lo sa. Sa anche che tra Matteo Lepore, sindaco Pd, e Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture, è in corso un braccio di ferro che – con una direttiva apposita – potrebbe portare a rivedere la “rivoluzione” messa in campo dai dem. Però è sconcertato, l’orefice. Perché una cosa è beccarsi una multa andando “a 100 all’ora per trovar la bimba mia”. Un’altra è vedersi staccare un verbale muovendosi a 39 km/h, roba che le biciclette ti sfrecciano accanto. “Facevo i 39, considerando i 5 chilometri di tolleranza ho superato il limite di soli 4 chilometri… – ha detto nei giorni scorsi al Resto del Carlino, ripreso in un video che ancora oggi fa il giro dei social – Che cosa penso della Città 30? Meglio non farmi parlare. E dire che ero informato. Ho anche visto il pannello con la velocità (l’infovelox, ndr), pensavo di aver superato il blocco… e invece il telelaser era pochi metri dopo: è così che si incassa”.

 

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Dalla sicurezza agli uccellini

Molto si è discusso anche delle motivazioni che hanno indotto la città dem a imporre limiti così bassi. Il Comune sciorina studi che proverebbero la riduzione del numero di incidenti, in particolare di quelli mortali, visto che quei 20 km/h in meno riducono di molto sia lo spazio di frenata che quello di reazione. Oltre ad aumentare le speranze che l’impatto col pedone non abbia esiti fatali. E ancora: meno inquinamento dell’aria, meno traffico, più “mobilità attiva” (cioè persone che si muovono a piedi o in bicicletta). Oltre, ovviamente, alla tanto criticata possibilità di godere del canto degli uccellini.

La protesta degli Ncc

Secondo le opposizioni, però, a fronte a presunti vantaggi ci sarebbero anche problematiche certe. “I rappresentanti dei lavoratori hanno denunciato un ritardo medio di 23 minuti degli autobus fin dal primo giorno d’avvio”, dice il consigliere regionale leghista, Michele Facci. Il caso bolognese “è solo l’ultimo atto in questa deriva che vede sempre più comuni trasformarsi in città stato e che denunciamo da anni”, gli fa eco Francesco Artusa, presidente di Sistema Trasporti, associazione per il trasporto privato di Ncc e bus turistici. “L’Italia è numero uno in Europa per numero di autovelox e introiti da multe, ormai vere e proprie tasse nascoste dietro la questione sicurezza. Troppi ormai sono i sindaci che hanno capito che basta un limite insensato e un autovelox a noleggio per sistemare le casse comunali. E quando non basta attivano una Ztl con balzelli di accesso e altre multe. Un abuso sotto gli occhi di tutti dato che i proventi non sono utilizzati per la sicurezza e la manutenzione di strade logore e piene di buche”.

La lite Salvini-Lepore

Gli automobilisti sperano che il ministro Salvini possa risolvere il problema. E il leghista qualche idea ce l’ha: la prima è una direttiva del Mit che, stando al viceministro Galeazzo Bignami, bolognese, dovrebbe essere in preparazione. “Nel momento in cui c’è la Corte Costituzionale del 2010 che afferma che è una legislazione esclusiva dello Stato è abbastanza chiaro l’esorbitanza del provvedimento assunto dal Comune di Bologna”, dice Bignami. L’obiettivo del ministero è quello di “trovare un ragionevole equilibrio tra l’esigenza di garantire la sicurezza” ma evitando “forzature che rischiano di generare l’effetto contrario”. Tra le altre cose, il Mit ha già portato in Conferenza Unificata una proposta per limitare l’uso degli autovelox nei centri urbani.  “L’obiettivo – facevano sapere nei giorni scorsi dal ministero – è far utilizzare i rilevatori di velocità e introdurre le Zone 30 in zone sensibili e a rischio incidenti, anziché in modo generalizzato e quindi meno efficace se non addirittura vessatorio nei confronti degli utenti della strada”.

Ciò che si vuole evitare sono “fughe in avanti” dei singoli sindaci. Lepore, ovviamente, non ci sta e difende le scelte comunali: “Il progetto della città 30 – afferma – è stato firmato da Salvini. C’è una firma sul decreto che finanzia questo progetto che è stato portato avanti seguendo le linee guida del ministero”. Il Mit però smentisce o almeno precisa: i finanziamenti erogati erano destinati alla sicurezza stradale e “vincolati alla realizzazione di sole zone 30, a dimostrazione della concreta e doverosa disponibilità a dialogare per plasmare città più vivibili indipendentemente dal colore politico”. Per Salvini una cosa è certa: “Serve buonsenso” per “evitare che certi provvedimenti sortiscano effetti indesiderati”.

Intanto anche a Milano si discute se inserire o meno una città a 30 km/h. Per il sindaco Beppe Sala, il “modello Bologna” non è applicabile al capoluogo lombardo. Il limite verrà inserito “per una parte della città”, ma non tutta. E poi occorre valutare sia la direzione che prenderà il Mit sia le decisioni della procura, che a Milano hanno rigettato l’obbligo di dispositivi contro l’angolo cieco per i mezzi pensati che entrano in Ztl.

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