Gravi e pericolose le affermazioni rilasciate da Roberto Burioni durante la puntata del 16 aprile di “Che tempo che fa” sull’uso degli antibiotici negli allevamenti. Alla domanda del conduttore Fabio Fazio che chiedeva se le persone assumono antibiotici senza saperlo mangiando carne, infatti, il professore rispondeva che “l’utilizzo degli antibiotici negli allevamenti intensivi per fare crescere di più di peso gli animali è una pratica davvero sbagliata”. Anche Burioni cade vittima di una delle più note fake news che inquinano la comunicazione intorno al mondo della carne.
Infatti, in Italia da più di quindici anni l’impiego di antibiotici negli allevamenti è permesso solo a fini di cura, terapia e profilassi dell’animale, ed è sempre subordinato alla prescrizione medico-veterinaria. Esclusi quindi tutti gli altri usi, compresi quelli a cui fa riferimento il professore. Inoltre, possono essere utilizzati esclusivamente antibiotici autorizzati dalle Autorità Sanitarie e le autorizzazioni sono concesse soltanto alle sostanze di cui è dimostrata l’efficacia, la sicurezza d’uso per gli animali e di cui si conoscono le caratteristiche metaboliche, ossia in quanto tempo vengono “smaltite” dall’organismo animale. Il loro impiego deve essere limitato nel tempo, e gli animali possono essere macellati soltanto dopo che i farmaci sono stati completamente smaltiti (dopo cioè il cosiddetto “periodo di sospensione”), cioè quando i residui sono a concentrazioni del tutto innocue per la salute umana.
Inoltre, secondo gli ultimi dati del progetto ESVAC (European Surveillance on Veterinary Antimicrobial Consumption), si evince per l’Italia un calo significativo nell’acquisto degli antimicrobici nel settore dell’allevamento: – 59% negli ultimi 11 anni. L’introduzione della ricetta elettronica per le prescrizioni veterinarie, poi, ha consentito di raccogliere dati più accurati sulle prescrizioni e l’acquisto dei farmaci destinati agli animali, di particolare interesse notare che la maggior parte di questi sono destinati ai pet, gli animali da affezione, e questo non è un dato secondario quando si vuole parlare di antibiotico resistenza.
Luigi Scordamaglia, Presidente Assocarni